La democrazia delle lobby

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La Costituzione italiana adottò il bicameralismo perfetto, per cui Camera e Senato svolgono identiche funzioni. L’intento era lodevolissimo: mettere il Parlamento ed il potere legislativo al centro dell’ordinamento democratico. Ogni legge ordinaria avrebbe dovuto vararsi solo dopo l’esame e l’approvazione di due organi collegiali eletti direttamente dal popolo.
Tuttavia, il bicameralismo paritario ha una conseguenza particolarmente grave: l’eccessiva lunghezza dell’iter di formazione delle leggi offre a “gruppi di pressione”, a logge massoniche deviate e ad associazioni mafiose una più ampia possibilità di infiltrarsi nel circuito parlamentare e di influenzare la formazione delle norme dello Stato.
Cosa sono i “gruppi di pressione”? Grigi agglomerati che esercitano un’azione più o meno violenta e importuna sulla volontà del Governo e del Parlamento, al fine di realizzare interessi di parte, spesso contrari al bene comune. Gli strumenti adoperati sono diversi e non sempre leciti: manovre di corridoio, suggerimenti, dettature, regalie, tangenti, donne-tangenti, minacce, ricatti, e compagnia bella. I “gruppi di pressione” possono essere costituiti da banchieri, industriali, commercianti, professionisti, alti burocrati, cioè da gente già dotata di potere economico e di privilegi, che avidamente si adopera di accrescere. Da gente cioè che vuole fare affari, anche al costo di ignorare o calpestare l’interesse collettivo. Da gente come “i sottobraccisti”, pronti ad accompagnare alla toilette l’onorevole di turno durante i lavori parlamentari…
Nel suk degli onorevoli corridoi, s’aggirano con destrezza nugoli di faccendieri. Tra i più bravi ci sono i fratelli incappucciati delle infinite logge P2, P3, P4 e via elencando. I signori del compasso, grazie alle loro amicizie ramificate, sono pronti ad ammansire i parlamentari. Sanno come ricattarli. Sanno come ricompensarli. Da sempre, le logge massoniche deviate s’infiltrano nel Parlamento, lavorando pro domo sua.
Poi, purtroppo, c’è anche la mafia. La criminalità organizzata di tipo mafioso è la prima azienda del Belpaese. Possiamo pensare ragionevolmente che non costituisca anch’essa un “gruppo di pressione”? Come scriveva Luciano Violante già nel 1994, l’obiettivo delle mafie moderne è la conquista del massimo potere economico, perché il potere economico è diventato il segno del potere tout court ed il mezzo attraverso il quale si può conquistare ogni altro potere, avendo la spregiudicatezza necessaria. Pensiamo all’inchiesta che ha coinvolto due anni fa un ex senatore. Il quotidiano la Repubblica titolava con enfasi: “La ‘ndrangheta in Parlamento”. Eppure non c’era nulla di nuovo. Basta leggere il codice penale per capire che la mafia è in grado di confezionare consenso elettorale per politici disonesti. L’ingresso in Parlamento di uomini selezionati dalla criminalità mafiosa non è roba da romanzi. Come si può pensare che la mafia non abbia anche un potere politico? Perché stupirsi se un importante politico avverte gli amici mafiosi delle indagini in corso? E immaginate come sarebbe bello scoprire quali sono le leggi “ad mafiam” approvate nella storia della nostra gloriosa democrazia? Certo, perché i mafiosi non regalano nulla a nessuno. Se ti portano in Parlamento, poi pretendono sempre in cambio qualche piccolo favore.
A dire il vero, quello dei sottobraccisti non è un problema solo italiano. In tutto il mondo, anche nelle democrazie più avanzate, gli interessi dei potenti influenzano in qualche misura la formazione delle leggi. Le spese elettorali sono spropositate e qualcuno dovrà pure pagarle, lo stesso qualcuno che verrà guarda caso favorito da qualche leggina confezionata su misura. Tuttavia, il nostro Paese si distingue per la presenza inquietante delle associazioni mafiose e forse anche per la completa assenza di remore alla cura d’interessi particolari.


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