L’Aspartame fa bene o no? Report rompe il muro del silenzio dei media

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Come addolcire la vita, gli alimenti, le bevande, i medicinali, senza paura di ingrassare o farsi del male? La risposta è ovvia: c’è l’Aspartame! Da 40 anni, questa piccola molecola di sintesi, che ha le stesse proprietà dello zucchero naturale, ma 200 volte più potente a parità di dosi e dal costo infinitamente più basso, la fa da padrona nell’alimentazione di miliardi di persone, ignari degli eventuali rischi che alla lunga potrebbe provocare (stando a numerose ricerche scientifiche, sempre contestate dai produttori dell’edulcorante), ma psicologicamente soddisfatti per le propagandate proprietà dietetiche e salutiste. Secondo studi recenti sarebbero 6.000 i prodotti di varia natura che utilizzano l’Aspartame (E 951), oltre a 500 farmaci, e si calcola siano circa 200 milioni le persone nel mondo che ne fanno un consumo regolare.
Da 7 anni a questa parte, però, alcuni studi scientifici, condotti con rigore in Italia e, da ultimo, anche in Danimarca, stanno mettendo a dura prova le granitiche certezze degli enti di controllo sanitario e alimentare di tutto il mondo. Soprattutto, dall’anno scorso la comunità scientifica, le associazioni consumeristiche, gli enti di controllo sanitario hanno iniziato a fare le loro “controanalisi”. Eppure, tranne qualche rara eccezione, il mondo dei media si è ben guardato di parlarne, di mettere in guardia l’opinione pubblica su questo dibattito e sulle sue ricadute per la salute dei consumatori (anche perché il giro di affari annuo è di parecchi miliardi di dollari!). Eccezion fatta per la stampa francese (Le Monde e Libération ne hanno parlato esaurientemente nel Gennaio del 2011) e per i siti alternativi o, in Italia, per un breve articolo su “Il Giornale on line” del 16 Gennaio 2011 e per un blog su “La Stampa on line” del 25 Gennaio 2011. Ora ci prova a rompere questo muro del silenzio “Report” di  Milena Gabanelli su Raitre.

Si potrebbe dire anche “un silenzio d’oro”, perché i “Big Spender” di inserzioni pubblicitarie sui giornali e le televisione di tutto il mondo sono proprio quelle società di prodotti alimentari, cibi, bevande, merendine, gomme americane, caramelle e farmaci, che usano l’aspartame, giocando sull’effetto subliminale della salubrità, del dietologico, del salutismo e quant’altro, a discapito del bistrattato zucchero, ormai relegato a micidiale fattore di chissà quanti malanni. Basti pensare all’ultima “esilarante” ricerca pubblicata dall’autorevole rivista americana Nature, realizzata da una equipe della University of California, secondo la quale il dolcificante naturale, usato da sempre dall’essere umano (estratto dalle canne o dalle barbabietole) renderebbe “dipendenti, come il tabacco e l’alcol e per questo motivo la sua vendita dovrebbe essere regolata per legge” (da “La Repubblica” dell’11 Febbraio 2012). Tanto da fa far proporre a questi “salutisti esperti” americani di tassare tutti i cibi e bevande contenti lo zucchero: “vietandone la vendita vicino alle scuole e ponendo dei limiti di età alla possibilità di acquistarli. Il consumo eccessivo di zucchero, spiegano i ricercatori, sta alimentando la pandemia di obesità in tutto il mondo e il suo consumo, triplicato negli ultimi cinquant’anni, favorisce la comparsa di patologie, come diabete, malattie cardiovascolari e tumori, responsabili di 35 milioni di morti all’anno nel mondo”. 

Siamo davvero arrivati “all’inganno mediatico”, per fortuna durato pochi giorni, ma che ha trovato larga eco sui TG di prima sera, mentre sulle ultime ricerche documentate che mettono in dubbio le proprietà salutari dell’Aspartame silenzio assoluto. Lo zucchero, insomma, sarebbe una droga, mentre l’aspartame una mano santa per l’umanità! L’Aspartame è stato brevettato e distribuito da una società di proprietà della Monsanto, la multinazionale americana che detiene anche una sorta di monopolio delle coltivazioni OGM nel mondo. Per conoscerne la storia della scoperta di questa molecola, della sua omologazione da parte della FDA degli Stati Uniti e delle dispute scientifiche, basta andare a consultare Wikipedia: una lettura esauriente ed oggettiva. E comunque, attorno alla registrazione della molecola sintetica più ricca del mondo, ruotano personaggi politici e lobbisti del più bieco conservatorismo americano, a cominciare da quel Donald Rumsfeld, amministratore delegato della G.D.Searle&Company, ma anche stretto collaboratore dei presidenti repubblicani, Gerald Ford, Ronald Reagan e George W. Bush, per il quale ha anche ricoperto la carica di Segretario alla Difesa: prima amico e fornitore di armi chimiche a Saddam Hussein in guerra con l’Iran, e poi alfiere delle guerre totali contro “il terrorismo mondiale” di Osama Bin Laden e dell’Iraq. Va, inoltre, ricordato che nel 1981 fu proprio il  presidente Reagan ad incaricare  alla guida dell’FDA Arthur Hull Hayes, su proposta di Rumsfeld. Hayes, che autorizzò l’uso dell’Aspartame, in seguito si dimise, accusato di corruzione e andò a lavorare all’ufficio pubbliche relazioni proprio della G.D.Searle&Company, detentrice del brevetto sull’Aspartame.

Ora, però, questo edulcorante è tornato agli onori della cronaca scientifica. Due ricerche rilanciano, infatti, la questione dei rischi connessi alla sua assunzione. La prima, danese, pubblicata alla fine del 2010 sull’American Journal of Clinical Nutrition e condotta dal ricercatore Thorhallur Halldorsson, mette in correlazione il consumo di aspartame con il rischio di parti prematuri per le donne incinte (ne sono state esaminate 59.334), calcolato pari al 27% quando si assuma una bevanda gassata al giorno contenente edulcoranti chimici, come aspartame e acesulfame-K, a volte usati insieme. Il secondo studio, condotto su centinaia di ratti e topi dal ricercatore italiano Morando Soffritti dell’Istituto Ramazzini di Bologna, e pubblicato sull’American Journal of Industrial Medicine, mette in correlazione il consumo di aspartame con l’aumento di tumori al fegato e polmonari, in particolare sugli animali di sesso maschile. Il Ramazzini aveva già nel 2005 e 2007 pubblicato altre ricerche in merito, ma sempre rigettate dall’EFSA, l’Autorità per i controlli sanitari e alimentari dell’Unione Europea. Questa volta, però, l’Europa non è stata sorda e cieca agli allarmi lanciati dalla comunità scientifica e così, pressata anche dai parlamentari europei (soprattutto dal gruppo dell’ALDE, i liberal-democratici), l’EFSA ha deciso nel maggio dell’anno scorso di accogliere le due ricerche e di pronunciarsi in merito entro il 30 Settembre 2012. Non soddisfatte di questo lasso di tempo e del silenzio che attornia la vicenda, le due europarlamentari dell’ALDE che più si sono battute per far luce sui benefici o i danni arrecati da un uso elevato di Aspartame, la francese Corinne Lepage e la bulgara Antonya Parvanova, hanno ribadito la loro richiesta affinchè: “sia organizzata un’informazione alla pubblica opinione sulle certezze e i dubbi in materia di impatto sulla salute sia per le donne incinta sia per coloro che hanno una sensibilizzazione ai rischi sospetti nei feti. E, comunque, siamo insoddisfatte per la disinvoltura con la quale l’EFSA e la Commissione hanno trottato questo problema; da recenti scambi di lettere tra l’EFSA e alcune ONG, inoltre, sembrerebbe emergere che l’Autorità non ha mai avuto il tempo di esaminare gli studi fin qui condotti per fornirne una valutazione, non solo ma che si sarebbero persi addirittura i documenti”.
Nel dubbio, intanto, c’è chi ha deciso di “tagliare la testa al toro”, come fa sapere l’associazione americana Food Democracy (il movimento dei consumatori che sta facendo pressione sui grandi produttori e distributori di alimentari, strenuo oppositore della Monsanto): in Sudafrica la grande catena di supermercati Woolworths è stato il primo rivenditore nel 2008 ad aver seguito la volontà dei consumatori e ad aver eliminato l’aspartame dagli alimenti di propria produzione. E non è stato l’unico dolcificante a essere rimosso dai cibi targati Woolworths: è toccato anche alla saccarina  al ciclamato e, quindi, anche al glutammato, usato soprattutto nei preparati per il brodo.


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