Egitto, giornalisti e attivisti ancora nel mirino della repressione. 2 maggio a Roma per la libertà di stampa

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In Egitto la libertà di espressione è messa a dura prova, mentre gran parte dell’Europa è impegnata solo a contenere i flussi migratori. Per ricordare che un’informazione veramente libera e indipendente è la sola vera arma di difesa dei diritti umani, il 2 maggio, alla vigilia della Giornata mondiale per la libertà di stampa, saremo a Roma, con Articolo 21, Fnsi, UsigRai, RSF Italia, Amnesty International Italia, Pressing NoBavaglio e tanti altri.

A una settimana dalla giornata mondiale per la libertà di stampa, l’Egitto si conferma l’apripista della repressione contro le notizie scomode e quanti le diffondono. Ieri è stato arrestato, non si sa con quali imputazioni, Ahmed Abdallah, direttore dell’Egyptian Commission for Rights and Freedoms, una delle principali organizzazioni per i diritti umani che si è distinta anche per le denunce delle continue sparizioni che avvengono nel paese.

E oggi, giornata in cui era stata convocata una vasta mobilitazione di protesta contro la decisione del governo del Cairo di riconoscere all’Arabia Saudita il controllo di due isolette nel Mar Rosso, sono stati arrestati cinque giornalisti e almeno cinque attivisti, sembra del partito democratico egiziano, all’opposizione. La prima ad essere fermata è stata Basma Mostafa, la reporter di DotMsr autrice della prima intervista ai familiari dei cinque presunti responsabili del rapimento e dell’uccisione di Giulio Regeni. Con lei, liberata dopo qualche ora, sono stati arrestati, vicino piazza Tahrir, anche i giornalisti Mohamed El Sawy and Islam Reda. Poco dopo è stato fermato Mostafa Reda, direttore del sito Al-Tareeq, e Magdy Omara, quest’ultimo nei pressi della sede del sindacato dei giornalisti, che è circondata da un folto schieramento di forze dell’ordine, mentre in una vasta area del centro sono sospese le linee telefoniche e internet. Inoltre, circola voce della sparizione della moglie di uno dei cinque sospetti killer di Regeni, che aveva parlato di prove create ad arte contro il marito e gli altri familiari uccisi.

E non serve a tranquillizzare la dichiarazione del ministero dell’interno che libererà poco meno di 900 detenuti, in occasione del Giorno della liberazione del Sinai, che ricorda il ritiro degli israeliani dopo la firma dell’accordo del 1982. Non è noto infatti quali reati siano compresi in questo procedimento e né i tempi. Mentre la magistratura procede spedita contro i titolari dell’ufficio di corrispondenza al Cairo della Reuters, colpevole di aver raccolto e diffuso pochi giorni fa le informazioni sull’arresto di Giulio Regeni avvenuto il giorno della sua scomparsa, e della successiva detenzione nelle mani dei servizi. A difesa dei suoi giornalisti si è schierato l’intero vertice dell’agenzia britannica, che ribadisce la correttezza delle notizie pubblicate  e chiede che le eventuali accuse siano rivolte alla compagnia, e non ai singoli reporter.

Ancora è caldo il ricordo dell’arresto, a fine 2013, e del successivo processo contro tre corrispondenti di Al Jazeera, accusati di aver dato sostegno con i loro servizi all’allora governo di Mohammed Morsi e alla Fratellanza musulmana, considerata dal governo attuale come organizzazione terroristica; un processo conclusosi in primo grado con la condanna a sette anni per i due giornalisti, l’egiziano-canadese Mohamed Fahmi e l’australiano Peter Greste (poi espulso dal paese), e a dieci per il producer egiziano Baher Mohammed, condanne ridotte in appello a tre anni e poi condonate dal presidente al Sisi in occasione di un’altra amnistia, per il giorno del sacrificio, a settembre 2015. Mentre prosegue senza novità la detenzione illegale del fotoreporter Shawkan, in carcere dal oltre mille giorni, torturato e in gravi condizioni di salute senza potersi curare e nemmeno ricevere un’accusa formale. E questo per fermarsi ai casi più recenti e più legati al mondo dei media. Ma ci sono docenti, studenti, blogger, cittadine e cittadini che hanno osato esprimersi pubblicamente in modo non ossequioso al regime.

Non possiamo continuare a non vedere: l‘Italia si è mossa correttamente chiedendo conto della fine atroce di Regeni, fino a mettere in crisi le stesse relazioni diplomatiche con un partner importante sulla difficile sponda nordafricana. Una richiesta di chiarimenti è arrivata anche da Londra e dalla responsabile della politica estera e di difesa europea Mogherini. Il resto d’Europa tace o si affretta a riempire i vuoti che potrebbe lasciare in Egitto l’Italia. E questo mentre a Bruxelles si discute il cosiddetto Migration Compact, un sistema di accordi economici con i singoli paesi di provenienza di profughi e migranti per prevenire le partenze. L’Europa che chiede agli stati membri di tagliare anche i servizi essenziali ai propri cittadini finanzierà il mantenimento di carceri a cielo aperto come è notoriamente l’Eritrea e come sta diventando l’Egitto? Per tutto questo il 2 maggio, alla vigilia della Giornata mondiale per la libertà di stampa, dovremo essere a Roma, con Articolo 21, Fnsi, UsigRai, Reporters Sans Frontieres Italia, Amnesty International Italia, Pressing NoBavaglio e tante altre realtà per ricordare che un’informazione veramente libera e indipendente è la sola vera arma di difesa dei diritti umani, al Cairo come a Bruxelles.


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