In memoria di Don Peppe Diana, Testimone di verità e di giustizia. A 20 anni dall’assassinio la Rai gli dedica una bellissima fiction

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Era un prete, don Peppe Diana, un prete soltanto, capace di interpretare in maniera viva il vangelo, con la gioia che animava e condivideva con i giovani scout, ma anche con la determinazione di chi non sopporta ingiustizie, omertà, violenza. La camorra di Casal di Principe lo uccise vent’anni fa, nel giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994, ai piedi dell’altare della sua chiesa di San Nicola, strappandolo all’affetto di mamma Jolanda, di papà Gennaro e di tanti , tanti amici e cittadini onesti. Era solo un prete, come anche lui stesso amava dire, senza aggettivazioni, ma oggi, insieme a don Pino Puglisi è un “martire”, nel senso etimologico, puro di testimone. Testimone di verità e di giustizia. Fu perseguitato anche dopo morto da tante calunnie ed offese, spazzate via dalla verità giudiziaria, proclamata infine con la sentenza della cassazione del 4 marzo 2004, ma ancor più dalla fioritura di quel seme lanciato nella sua terra col documento “per amore del mio popolo”, che riprende il profeta Isaia. Ed eccoli i fiori ricchi di vita e di speranza: le migliaia di scout che hanno sfilato per le strade di Casal di principe domenica scorsa e quelli che sfileranno ancora mercoledì 19, insieme a rappresentanti dello Stato e della Chiesa, prima di recarsi a Latina per la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno per tutte le vittime della mafie, organizzata da Libera ed Avviso Pubblico. La bellissima fiction, voluta dalla Rai, in onda martedì 18 e mercoledì 19, alle 21, presentata in anteprima alla Camera, con Rosy Bindi, Tarantola, Raffaele Cantone e don Tonino Palmese, da’ un contributo decisivo al riconoscimento dei valori che quel semplice prete interpretava. Guai pensare che la battaglia sia vinta. Ancora tanto c’è da fare sul piano della repressione della criminalità organizzata, che le forze dell’ordine e la magistratura portano avanti con abnegazione ed indiscussi successi, ma anche sul piano culturale-educativo e su quello sociale, perché le opportunità nei territori più disagiati siano offerte dallo Stato e non dalla camorra. In tal senso quella frase “per amore del mio popolo” di quel semplice prete, con i tanti che oggi ne seguono l’esempio, deve suonare per tutti noi come un imperativo categorico ed illuminare come la luce d’un faro il cammino tenace e continuo di istituzioni e cittadini, dello stato e della società civile “responsabile”, come dice don Ciotti.

* Referente regionale Libera Campania


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