Paolo Borsellino 20 anni dopo: l’obbligo della verità. Il ricordo dei magistrati Marcello Viola e Ambrogio Cartosio

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Un infinito numero di obblighi. Ricordare e onorare chi è stato ucciso per fare il proprio dovere non a parole ma con i fatti. “Obblighi precisi proprio così – osserva Marcello Viola, oggi procuratore della Repubblica a Trapani e che fu giudici tirocinante presso l’ufficio istruzione all’epoca di Falcone e Borsellino – abbiamo da rispettare gli obblighi della memoria
, l’obbligo di capire e comprendere per non dimenticare, perché dimenticando le cose poi ritornano, abbiamo oggi l’obbligo di centrare la verità in questo momento che è storico quanto particolare”.

Che ricordo ha di quel suo periodo all’ufficio istruzione ? “Anni che videro emergere ordinanze, sentenze eclatanti, si sfidava la mafia dei forzieri, coloro i quali oggi verrebbero chiamati colletti bianchi, Falcone e Borsellino fecero grandi cose da magistrati grandi quali erano e uomini straordinari che erano”.

Quel 19 luglio 1992 dove era? “Sono trascorsi 20 anni ma mi creda ho ancora dentro di me, sento ancora quel boato che io stando vicino via D’Amelio potei sentire distintamente e debbo dirle che lo associai immediatamente a Paolo Borsellino. Lo avevo chiamato 48 ore prima con altri colleghi, era il 17 aprile e lui tornava dalla Germania, il mio era un invito a mangiare una pizza assieme, lo sentii indaffarato, occupato, stava andando a Villagrazia di Carini da dove si sarebbe poi mosso quel 19 luglio, rimandammo l’appuntamento all’altro fine settimana, ma non ci siamo più visti né sentiti”.

Chi era Paolo Borsellino? “Un uomo e un magistrato semplice e diretto, una persona normale, come normale deve essere chiunque faccia questo lavoro. Ricordo le sue parole pronunciate al trigesimo della morte di Falcone, lui parlava di Falcone ma parlava anche di se stesso, la strage ha privato il Paese di un grande magistrato e di un uomo straordinario”.

A Palazzo di Giustizia di Trapani il procuratore Viola per mezz’ora ha riunito i pm ed il personale per ricordare Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. Lo ha fatto con parole semplici e facendo leggere ai pm più giovani, Sara Morri e Antonio Sgarella, i passaggi di un libro appena edito da Chiarelettere, “Le ultime parole di Paolo Borsellino” di Antonella Mascali. Ha scelto i passaggi che hanno permesso di fare conoscere a chi non lo conobbe il giudice Borsellino. Ha poi preso e fatto leggere i passaggi della “lezione” che Borsellino fece agli studenti di Bassano del Grappa. “Centrale – dice il procuratore Viola – resta il rapporto con i giovani, con gli studenti. Borsellino si diceva ottimista con loro, riscontrava che davano una attenzione diversa e diceva che questi giovani una volta adulti avrebbero avuto più forza a reagire”.

Gli scenari di oggi però non sembrano incoraggiare. “ Sono stati commesse azioni come le stragi che hanno sporcato la coscienza del paese oggi si ha l’obbligo di arrivare alla verità, la politica come diceva Paolo Borsellino deve recidere i legami con la mafia. Questo animava Paolo Borsellino, questo impegno, questo fine, ricordo gli ultimi giorni, era un uomo cambiato profondamente, non ci si poteva parlare, poi ricordo quelle sue parole al trigesimo per Falcone, parlava di falcone ma anche di se stesso. Lui di Falcone disse che lavorava con la perfetta coscienza che sarebbe stato ucciso, con la perfetta coscienza di andare incontro a un non ignorabile pericolo, lui di Falcone disse che lavorava compiendo nonostante tutto un preciso atto di amore nei confronti della vita e di questa terra. Oggi dobbiamo onorare Borsellino e Falcone affermando che la lotta alla mafia è il primo dovere morale di ognuno. Occorre evitare che si possa tornare indietro questo è un pericolo che io vedo, il debito che dobbiamo pagare a chi ha perduto la vita è quello di continuare la lotta”.

Il procuratore Viola ha ripetuto queste parole incontrando in un momento di ricordo i suoi colleghi ed il personale del Tribunale di Trapani. Con lui c’era anche il procuratore aggiunto Ambrogio Cartosio. “Non posso mai dimenticare i giorni del mio tirocinio con Paolo Borsellino – ricorda il procuratore Cartosio – fu lui a presentarmi Chinnici, Falcone, Cassarà, il capitano D’Aleo. Era il luglio del 1982 quando incontrai Borsellino in una strada di Palermo dove attendevamo il passaggio del Papa, Giovanni Paolo II che era in visita in città, mi stupii di vederlo senza angeli custodi e glielo dissi anche che lui era lì con i suoi familiari e senza la scorta, mi rispose dicendomi che a vedere un Papa non si va con la scorta. Fu mio capo diretto poi in quel 1992 quando io ero in Procura e facevo parte del pool che si occupava della mafia agrigentina, tra marzo e luglio lavorammo insieme, io che ero il più giovane dei pm ogni volta era come se non credessi di trovarmi al suo cospetto, e invece spesso lui lasciava la sua stanza, percorreva quel lungo corridoio che divideva il suo ufficio dal mio e  mi veniva a trovare, parlava a lungo sempre facendo su e giù ed io che subito scattavo in piedi e lui che mi diceva “assettate” (siediti ndr)”.

Dirette sono le parole che appena fuori pronuncia il pm Andrea Tarondo, magistrato che da anni si occupa di mafia trapanese e di connessioni tra mafia, politica ed economia. Oggi è la giornata del ricordo delle commemorazioni, non mancano le dichiarazioni politiche, eppure certe polemiche sono appena di poche ore addietro, di settimane addietro. Più volte si è messo in dubbio l’esistenza del concorso esterno alla mafia che poi  è reato che rientra pienamente negli scenari della cosidetta trattiva, degli inciuci. “Oggi chi mette in dubbio questo reato – osserva Tarondo – dimentica che per proteggere la zona grigia dove vive il concorso esterno, la mafia non ha avuto titubanze nell’alzare di torno la sua violenza, la mafia ha messo in campo le autobombe ogni qual volta c’era qualcuno che si avvicinava alla zona grigia delle collusioni tanto da scoprirla…Oggi si sa benissimo chi sono i mafiosi e il potere va a braccetto con questi soggetti, il potere politico che per primo dovrebbe dire che “con queste persone non ci voglio avere a che fare” eccolo invece frequentarlo e dividere momenti di vita, c’è un numero spropositato di politici trapanesi  che oggi hanno contatto con i mafiosi, ed è anche questo che oggi rende difficoltoso il nostro lavoro di magistrati per fornire risposte ai perché di tante stragi e di tanti delitti, oggi cominciando da Trapani non c’è desiderio da parte della politica di mantenere una distanza di sicurezza dalla mafia”.


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