Prima e dopo il 25 settembre per la tutela delle libertà democratiche   

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Il durissimo atto d’accusa di Beppe Giulietti rischia di passare ancora una volta sotto silenzio perché molto probabilmente alle forze politiche – anche a quelle più democratiche, che si richiamano costantemente alla Costituzione – la suddivisione delle ingerenze nel sistema informativo italiano va bene così. Ma certo la grave situazione di ritardi e inottemperanze dello Stato Italiano e dei suoi governi rispetto a fondamentali principi di tutela democratica di tutti i cittadini non sfuggono all’Europa e agli organismi internazionali che ci confinano al 58’ posto della graduatoria della libertà d’informazione.

Almeno sarà ascoltato il Presidente Mattarella?, si chiede Giulietti, conoscendo già la risposta. Da qui l’esigenza, del tutto condivisibile, di una manifestazione che in questa campagna elettorale così diversa, breve, a volte burrascosa dimostri quale volontà politica ci sia rispetto alla tutela del diritto-dovere dei cittadini ad essere informati ed informare come garantito dall’articolo 21 della Carta Costituzionale, tema troppo spesso accantonato.

L’intervento del Presidente della Fnsi pone anche indirettamente un’altra questione su cui noi, cittadini democratici, siamo stati per troppo tempo silenti: quello  di una tutela della democrazia che non venga posta a scadenza, ma che sia oggetto di vigilanza continua. Certo, sono stati dispersi e abbandonati tutti i luoghi in cui questa pratica era esercitata: i circoli, le sezioni di partito, le parrocchie, gli oratori. Perché non cominciare a pensare su come organizzarci oltre la scadenza del 25 settembre? Dopo quella data che rischia di consegnarci ad un nuovo modello di autoritarismo alleato con le peggiori espressioni antidemocratiche mondiali, da Orban a Le Pen, da Putin a Bolsonaro. Ma anche nel caso contrario – una sconfitta delle destre – perché non organizzarci per ragionare, discutere, avere la capacità di progettare un futuro accettabile e migliore di quello che si prospetta?

Utopia? Perché, invece di escludere a priori che tutto questo si possa realizzare, non cominciamo a far diventare modelli organizzativi le esperienze fin qui fatte? Mi riferisco  alla magnifica iniziativa di  Pianaccio per ricordare Enzo Biagi e la consegna della Carta d’Assisi al cardinale Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (che si è dichiarato entusiasta dell’iniziativa); ma anche al festival di Articolo 21 svoltosi a Castiglioncello.

Scuotiamoci di dosso la rassegnazione ‘perché tanto non cambia nulla’ e utilizziamo tutti gli spazi inclusivi per recuperare una voglia di partecipazione che è il motore più potente della vita democratica.

Un po’ come sollecitato dall’appello lanciato dal ‘Circolo Roesselli-Risorgimento’ nel quale, tra l’altro, di legge: “E’ tempo di tornare allo spirito del celebre verso della Commedia (‘Le genti del bel paese là dove ‘l sì suona’ – Inf, XXXIII vv.79-80) con il quale Dante, in un’epoca in cui l’Italia era un concetto di là da venire si riferisce agli italiani, assumendo il sì come primo nucleo di un’identità comune alle diverse ‘genti del paese’ (…) Dante ci parla da un tempo lontano, ma la sua voce, attualizzata, è un richiamo alle ragioni della positività , della ragione unita al sentimento, della fiducia, dell’amore verso gli altri, di una politica capace di costruire e non solo di demolire, di proporre una visione condivisa che sappia dare speranza a tutti, di costruire scenari fondati sulla salvaguardia dell’ambiente, sulla valorizzazione del territorio, sul rispetto degli altri e delle pluralità identitarie, sulla coesione e non sulla divisione e sul conflitto, sul dialogo e sulla solidarietà tra le generazioni e fra tutte le componenti di un sistema sociale sempre più articolato e complesso come il nostro”.


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