Giornalismo sotto attacco in Italia

Tregua a Gaza. Non c’è Pace senza Giustizia

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Per chi come noi crede nei diritti umani e sta sempre e comunque dalla parte delle vittime civili innocenti la notizia di un “cessate il fuoco” a Gaza è in sé straordinariamente positiva. In queste ore abbiamo visto le immagini dei “sopravvissuti” palestinesi che festeggiavano in strada, quelle dei familiari degli ostaggi israeliani che si abbracciavano e abbiamo provato un’emozione profonda. Quando la morte si allontana e pare tornare spazio per la vita si riaffaccia la speranza, si ricomincia a respirare.

Detto questo, quando la “storia accelera” e gli eventi sono in pieno divenire, non è il tempo per trarre conclusioni. L’hanno ripetuto in molti: una tregua è solo l’inizio di qualcosa, le insidie e le incognite sono talmente tante che sbilanciarsi sarebbe semplicemente prova di presunzione e arroganza. Altre pause nei combattimenti ci sono state e poi Netanyahu ha ripreso la sua offensiva. Stavolta però sono direttamente impegnati nell’accordo altri interlocutori a cominciare dagli Stati Uniti, passando per Egitto, Qatar, Turchia. Siamo certamente alla fase uno, non andare oltre risulterà molto difficile per tutti.

Ci sono però un paio di altre cose sicuramente da dire. La prima è che, come milioni di altri italiani, sono fra quelli che hanno partecipato alla mobilitazione contro il genocidio e hanno supportato le persone coraggiose che tentavano di portare aiuti alla popolazione stremata di Gaza. Considero queste azioni ancora più importanti alla luce di quanto sta avvenendo. Le piazze europee colme di gente hanno dato un segnale inequivocabile: lo sterminio deve finire, è diventato letteralmente insopportabile. Indirettamente l’accordo odierno è anche il risultato del sempre più marcato isolamento di Israele. Lo aveva indicato anche la decisione di alcuni stati europei (non l’Italia) di riconoscere la Palestina. Insomma, la pressione popolare non è stata vana, tutt’altro.

La seconda cosa da dire è che vanno tenuti distinti i piani. È certo che i nostri “grandi media” ora celebreranno Trump come artefice unico della svolta. Penso che verranno dette molte sciocchezze. In realtà è stato protagonista dell’accordo perché gli interessi degli Stati Uniti sono quelli di mantenere un solido rapporto non soltanto con Israele ma anche con alleati regionali come appunto Egitto, Turchia, Qatar e Arabia Saudita. È un progetto che va oltre la Palestina, questo è evidente. Questo vuol dire che dobbiamo modificare la nostra posizione critica sulle pulsioni autoritarie di Trump? Assolutamente no, servono piani distinti appunto perché, se andiamo a vedere chi era seduto al tavolo delle trattative con Hamas e governo Netanyahu ci troviamo pure Erdogan e Al Sisi oltre allo sceicco del Qatar. Campioni di rispetto di democrazia e diritti umani? Non scherziamo: prendiamo atto che la storia è intrisa di contraddizioni, è già accaduto in passato. Qualcuno due secoli fa l’aveva definita un “banco di macellai”.

Questo ci porta al futuro dei Palestinesi. Prevederlo ora è un azzardo inutile. Per la convenzione sul genocidio (firmata pure dall’Italia) il crimine è tale quando si rendono impossibili le condizioni di vita distruggendo infrastrutture essenziali come scuole, ospedali, abitazioni, acquedotti. Esattamente quanto avvenuto. Ci sarà un enorme lavoro di ricostruzione da fare e non si capisce assolutamente chi lo gestirà, se sarà, come molto probabile, un’operazione neocoloniale oppure ci sarà spazio per l’autodeterminazione degli abitanti della Striscia. Per questo la mobilitazione per un futuro di convivenza e per la libertà dei popoli coinvolti deve continuare. Non c’è pace senza giustizia.

Tregua a Gaza. Non c’è Pace senza Giustizia


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