Elezioni in Albania: il voto dell’11 maggio tra squilibri, pressioni e propaganda. Il rapporto OSCE denuncia gravi irregolarità

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Il panorama mediatico albanese, già fortemente polarizzato, ha mostrato durante la campagna elettorale un quadro di pluralismo gravemente compromesso.

Le elezioni parlamentari in Albania dell’11 maggio 2025, sono state segnate da gravi distorsioni democratiche. È quanto emerge dal rapporto finale della missione OSCE/ODIHR, che pur riconoscendo l’efficienza organizzativa, denuncia un contesto dominato da manipolazione sistematica del voto, uso improprio delle risorse pubbliche, pressioni su elettori e funzionari e un sistema mediatico profondamente squilibrato.

Il Partito Socialista del primo ministro Edi Rama ha ottenuto la quarta vittoria consecutiva, assicurandosi la maggioranza assoluta in Parlamento. Tuttavia, il successo è maturato in un ambiente elettorale tutt’altro che paritario. Secondo l’OSCE, la campagna è stata fortemente sbilanciata a favore del governo, con abusi istituzionali diffusi: eventi ufficiali organizzati in piena campagna, concessioni fiscali annunciate strategicamente e un coinvolgimento opaco dell’amministrazione pubblica nei processi elettorali.

Il rapporto evidenzia inoltre casi documentati di voto condizionato e compravendita di preferenze, soprattutto nei contesti rurali e tra le fasce vulnerabili. A destare particolare preoccupazione è il ruolo della pubblica amministrazione, con funzionari locali spesso mobilitati per scopi politici, alimentando un clima di intimidazione e dipendenza. Si tratta, secondo gli osservatori internazionali, di pratiche che minano le fondamenta del voto libero.

Un altro nodo cruciale è quello dell’informazione. Il panorama mediatico albanese, già fortemente polarizzato, ha mostrato durante la campagna elettorale un quadro di pluralismo gravemente compromesso. Le principali emittenti televisive hanno dedicato uno spazio schiacciante al Partito Socialista, marginalizzando l’opposizione e le forze minori. Inoltre, molti dei contenuti trasmessi erano autoprodotti e diffusi senza etichettatura chiara, confondendo propaganda con informazione giornalistica. L’autorità per i media audiovisivi si è dimostrata incapace di garantire imparzialità, mentre il servizio pubblico radiotelevisivo RTSH ha agito in modo evidentemente filo-governativo.

Anche nel digitale la campagna si è svolta in un vuoto normativo pericoloso. La mancanza di trasparenza nelle spese online, l’assenza di regole sulla pubblicità politica e l’uso dei social media per attacchi personali hanno contribuito a un clima polarizzato e caotico. Il temporaneo blocco imposto a TikTok durante la campagna ha sollevato interrogativi inquietanti sulla libertà di espressione, specie per quei partiti che usano il digitale come unico canale di comunicazione con gli elettori.

Secondo l’OSCE/ODIHR, le autorità albanesi dovranno intraprendere riforme strutturali urgenti per garantire che future elezioni si svolgano in modo realmente democratico. Tra le raccomandazioni principali: proteggere l’indipendenza dei media, vietare l’uso elettorale delle istituzioni statali, depenalizzare la diffamazione e introdurre controlli stringenti sulla campagna online.

Il voto dell’11 maggio, lascia l’immagine di un Paese in cui le elezioni si tengono, ma non garantiscono la volontà libera dell’elettore. L’apparenza democratica non basta a mascherare una realtà fatta di condizionamenti, disinformazione e squilibri di potere.

Se l’Albania vuole realmente avvicinarsi agli standard europei, dovrà dimostrare con i fatti la volontà politica di abbandonare la cultura del controllo e aprire lo spazio politico a una competizione libera, trasparente e inclusiva.


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