Enrico Berlinguer: dopo quarantuno anni è sempre più attuale

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Dalle 12.45 dell’11 giugno di 41 anni fa la politica italiana, le istituzioni, i partiti sono cambiati. Così come le speranze, le aspettative di milioni di italiani. Nell’ospedale di Padova, nel quale era stato ricoverato quattro giorni prima, moriva Enrico Berlinguer. Colpito da una violenta emorragia cerebrale mentre teneva il comizio finale di quella campagna elettorale per le Elezioni Europee in Piazza della Frutta aveva ostinatamente, eroicamente portato a termine il suo intervento nonostante la folla, che si era resa conto del suo malore, lo invitasse a interrompere. Fino all’ultimo respiro, fino all’ultimo ragionamento per amore di quel popolo democratico al quale aveva dedicato tutta la sua vita politica. Lo portarono a braccia giù da quel palco per trasferirlo in ospedale nel quale non riprese più conoscenza e dove si recò a salutarlo, per baciarlo, ‘come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta” il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, come disse quando comunicò che lui stesso ne avrebbe riportato a Roma la salma.
I due milioni di donne e uomini che piansero partecipando al suo funerale per le vie della capitale e i tanti altri in lacrime davanti ai televisori in casa o nei locali pubblici diedero ancora una volta testimonianza della stima, dell’amore che avevano per quel leader comunista che per onestà, limpidezza, trasparenza è stato riconosciuto come l’uomo politico italiano più rispettato del ‘900.
Dopo 41 anni è ancora così. La prova è stata data negli ultimi mesi dalle decine di migliaia di persone che hanno visitato con commozione, partecipazione, nostalgia le mostre multimediali che la Fondazione Berlinguer ha organizzato a Sassari prima e a Cagliari dopo. Testi dei suoi discorsi, lettere, registrazioni audio e video, immagini fotografiche, la totale condivisione con le persone in mezzo alle quali è stato raccontato, i suoi sorrisi partecipi, le folle immense che hanno preso parte ai suoi comizi, la vita familiare. Non a caso è stata intitolata ‘I luoghi e le parole di Berlinguer”.
Un’occasione importante per ripensare la straordinaria funzione storica svolta da dirigente politico, capace con la sua personalità, la sua rettitudine di far diventare protagoniste della vita politica del Paese masse operaie che sono riuscite pian piano ad imporre nuova dignità, nuovi rapporti sociali, nuova autonomia dai poteri consolidati.
Come avvenne nel 1974 in occasione del referendum sul divorzio. E fa bene a tutti noi ricordarcene proprio nei giorni nei quali i cinque quesiti referendari proposti dalla Cgil non hanno raggiunto il quorum del 50 per cento. Allora fu una vittoria contro il clericalismo, la Democrazia Cristiana, i comitati civici. La prima grande affermazione di democrazia di un’Italia che cominciava una lenta trasformazione. Quella trasformazione va continuata con determinazione puntando su quella Costituzione tanto cara a Berlinguer, capace di garantire a tutti diritti sovrani, dal lavoro, alla sanità, allo studio, alla libertà di dissentire, valori fondanti della democrazia, valori che quotidianamente il governo di destra tenta di smantellare.


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