Quanti sono i potenziali beneficiari della riforma della cittadinanza, qualora il referendum del 8-9 giugno 2025 raggiunga il quorum e approvi la riduzione da 10 a 5 anni del tempo di residenza continuativa utile a ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione?
Limitando la stima ai soli stranieri non comunitari presenti in Italia, dal momento che i cittadini Ue possono già richiederla dopo soli 4 anni di residenza, si può partire dai soggiornanti non Ue titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata, essendo esso stesso rilasciato dopo 5 anni di soggiorno regolare ininterrotto.
Si tratta di 2.139.000 persone, di cui 347.000 minori (dati Istat a fine 2023[1]), che quindi hanno maturato in proprio il requisito previsto dalla riforma (almeno 5 anni di residenza per ottenere la naturalizzazione), inteso che, essendo i dati più recenti riferiti a un anno e mezzo fa, anche qualora la registrazione anagrafica sia avvenuta
con ritardo rispetto all’acquisizione del permesso di lunga durata, oggi quei lungosoggiornanti hanno senz’altro raggiunto anche il periodo di residenza quinquennale..
Chi preferisce non cambiare
Da questa platea generale è ragionevole decurtare la maggioranza dei cittadini dei 50 Paesi non Ue la cui legislazione non consente la doppia nazionalità[2], tra i quali figurano Stati come la Cina, l’Ucraina e l’India che contano collettività piuttosto numerose in Italia. Molto presumibilmente, infatti, costoro saranno meno propensi ad acquistare la cittadinanza italiana, sapendo che ciò comporta l’automatica rinuncia a quella della propria patria.
Calcolando che in tutto si tratta di 509.000 soggiornanti, di cui 72.000 minori[3], e ipotizzando che solo il 15% di essi sia disposto a rinunciare alla cittadinanza del proprio Paese d’origine per acquisire quella italiana (la percentuale ipotizzata è quella che, in una recente indagine Istat[4], si riferisce, a tal proposito, ai giovani della collettività cinese, che per la sua numerosità in Italia può assurgere a campione rappresentativo di questa fattispecie di soggiornanti), il numero di quanti non cambierebbero nazionalità sarebbe di circa 433.000, inclusi 61.000 minorenni. Al netto di costoro, i potenziali beneficiari della riforma della cittadinanza scendono così a 1.706.000, di cui 286.000 minori: un numero che costituisce l’ipotesi massima della stima.
Sottrazioni e compensazioni
Casistiche più specifiche, quantitativamente indeterminabili ma che non influenzano la stima in misura significativa, sono rappresentate da soggiornanti di lungo periodo:
– che abbiano ottenuto il proprio titolo in altri Paesi Ue e che siano successivamente entrati in Italia: si tratta per lo più di stranieri in transito, che dunque non trasferiscono la propria residenza anagrafica in Italia, e il cui numero, non determinabile, è certamente esiguo;
– che non abbiano ancora maturato 5 anni di residenza anagrafica, sebbene siano in possesso di un titolo che presuppone 5 anni di soggiorno regolare: sebbene, infatti, la legge prescriva di richiedere immediatamente la residenza anagrafica a coloro che abbiano ottenuto un permesso di soggiorno, spesso tra il rilascio di quest’ultimo e il perfezionamento dell’iter burocratico per l’acquisizione della residenza in Italia trascorrono molti mesi (a volte anche più di un anno!), a causa dei ritardi con cui gli uffici anagrafici dei Comuni effettuano le convocazioni per avviare le pratiche e le portano a perfezionamento. Tuttavia, come già anticipato, poiché la presente stima si basa sugli ultimi dati Istat consolidati a disposizione, che si riferiscono alla fine del 2023, si può assumere che quanti, a tale data, non avessero ancora maturato i 5 anni di residenza anagrafica, oggi li abbiano raggiunti, rientrando così a pieno titolo tra i potenziali beneficiari della riforma referendaria;
– che non siano soggettivamente interessati ad acquisire la cittadinanza italiana, pur avendone i requisiti. È ragionevole supporre che il loro numero sia piuttosto limitato, perché, divenendo italiani, non solo il loro status giuridico si consoliderebbe in maniera strutturale, grazie all’acquisizione di tutta una serie di diritti e tutele e al contestuale venir meno di importanti limitazioni nell’accesso a determinate professioni, ma verrebbero anche in possesso di un passaporto – quello
italiano, appunto – notoriamente “potente”, in quanto capace di assicurare l’ingresso in una vastissima gamma di Paesi esteri.
Non si può escludere, inoltre, che una quota (ugualmente non quantificabile) di soggiornanti di lungo periodo che abbiano maturato i requisiti attualmente previsti per la naturalizzazione (10 anni di residenza) abbiano già presentato, su questa base, la domanda di acquisizione della cittadinanza, che sarebbe dunque in corso di lavorazione, per cui non ne presenteranno una nuova anche qualora la riforma referendaria dovesse passare.
D’altra parte, a compensazione di queste voci “a sottrazione”, si può assumere che, tra i potenziali beneficiari della riforma, vi sia anche una quota (anch’essa indeterminabile) di non comunitari che, pur risiedendo in Italia da almeno 5 anni, detengono ancora un permesso di soggiorno “a termine”, cioè soggetto a periodico rinnovo: si tratta di persone che non hanno potuto convertire il loro titolo di soggiorno in un permesso di lunga durata o per mancanza dei requisiti di reddito e abitazione necessari, o perché, nella lavorazione delle pratiche di conversione, le Questure di riferimento ne hanno di fatto prolungato i tempi di definizione.
La barriera del censo
Alla suddetta ipotesi massima della forbice di stima (1.706.000 non comunitari, di cui 286.000 minori) corrisponde, come ipotesi minima, questo stesso massimale decurtato della quota di quanti si calcola vivere “a rischio di povertà” (con un reddito netto annuo inferiore al 60% di quello mediano[5]) o “a rischio di esclusione sociale” (famiglie a bassa intensità di lavoro, ovvero con 18-64enni che lavorano meno di un quinto del tempo utile, o in grave deprivazione materiale o sociale, cioè che presentano almeno 7 condizioni di deprivazione su una gamma di 13[6]) e che perciò si presume che non possano assolvere ai requisiti di reddito (e/o abitazione) necessari a ottenere la cittadinanza italiana.
Considerando che nel 2023 in Italia, tra tutti gli stranieri residenti (comprensivi di comunitari e non), la percentuale di incidenza di questi poveri è pari al 40%[7], se si sottrae questa stessa quota al numero massimo di non comunitari potenziali beneficiari della riforma referendaria, si ottiene che questi ultimi scendono all’ipotesi minima di 1.024.000, di cui 172.000 minori.
In questa forbice di stima la maggiore probabilità riguarda l’ipotesi mediana, che consiste in 1.365.000 cittadini non comunitari complessivi, di cui 229.000 minori: si tratterebbe di oltre 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia (che nel complesso, comunitari inclusi, ammontano a circa 5.254.000 persone a fine 2023, secondo i dati Istat consolidati) e di circa 1 ogni 5 minori stranieri residenti (in tutto circa 1.030.000 bambini e ragazzi alla medesima data, secondo la stessa fonte).
Completamento della stima dei minori e risultato finale
La quota di minorenni finora considerata nei calcoli si riferisce solo a quelli titolari di un permesso di lunga durata, ma questa quota non esaurisce la platea di minori che potrebbero diventare italiani in virtù della riforma referendaria; e a dire il vero non sarebbe neppure la parte di quelli che beneficerebbero di tale riforma sull’immediato, visto che, pur avendo maturato individualmente il requisito referendario dei 5 anni di residenza (secondo l’assunzione di cui sopra), dovranno comunque aspettare il raggiungimento della maggiore età per farlo eventualmente valere, chiedendo la naturalizzazione.
V’è infatti un’altra quota di minorenni che, pur avendo un permesso di soggiorno a termine (per cui non hanno maturato in proprio il nuovo requisito di residenza quinquennale), diventerebbero italiani immediatamente e automaticamente, per trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori che, a loro volta, si naturalizzeranno grazie alla riforma referendaria.
Per ricomprendere nella stima anche questi ultimi minori, si può partire dal numero dei più probabili potenziali beneficiari adulti, calcolato secondo il metodo sopra illustrato: 1.136.000 lungosoggiornanti nell’ipotesi mediana (1.365.000 totali – 229.000 minori).
Per aggiungervi tutti i potenziali beneficiari minorenni, si può fare riferimento al rapporto minori/adulti che si osserva tra la popolazione straniera residente in Italia, inteso che i minori residenti sono, come tali, necessariamente conviventi con i rispettivi adulti di riferimento (genitori o altri), così come è richiesto per l’acquisizione della cittadinanza per trasmissione a minorenni. Secondo i dati Istat già sopra utilizzati, alla fine del 2023 l’incidenza dei minori tra i residenti stranieri era ancora pari a circa il 20%, per un rapporto quindi di 1 minore ogni 4 adulti. Assumendo che lo stesso rapporto viga anche tra gli stranieri lungosoggiornanti potenziali beneficiari della riforma, e sapendo che di questi il numero degli adulti è quello sopra indicato, si ricava per calcolo che il numero di minori che rientrano tra tali effettivi potenziali beneficiari ammonti a 284mila unità: un quinto del totale, appunto, che così salirebbe a 1.420.000 (1.136.000 adulti + 284mila minori).
Partendo da questa platea complessiva di potenziali beneficiari minorenni (284mila) e riprendendo per certo il numero di quelli lungosoggiornanti (229mila) del calcolo iniziale, si può ricavare, per sottrazione, che il numero dei minori non lungosoggiornanti (e quindi titolari di un permesso di soggiorno a termine), sia pari a 55mila. Come detto, si tratta di quanti potrebbero ricevere la cittadinanza per automatica trasmissione dai loro genitori naturalizzati in virtù della riforma.
Ancora impedimenti economici
A limitare de facto l’accesso a questo diritto, teoricamente esteso a seguito della riforma referendaria qualora quest’ultima venga approvata, contribuirebbe la quota di quanti, proprio per la loro condizione di indigenza (e soprattutto se si tratta di nuclei familiari in cui più membri desiderino acquisire la cittadinanza), potrebbero aver bisogno di rimandare l’istanza di naturalizzazione, sebbene in possesso di tutti i requisiti utili a ottenerla a seguito della riforma, solo per poter gradualmente accantonare la somma di denaro necessaria a coprirne i costi delle pratiche. Costi che sono considerevolmente cresciuti, da ultimo, con la Legge di bilancio 2025, che lascia ai Comuni la scelta di aumentarli fino a un massimo di 600 euro a testa, importo limite che diversi Enti locali hanno già deliberato di applicare.
In tutti questi casi, che determinano la compressione del numero dei beneficiari effettivi della riforma referendaria e quindi uno schiacciamento della stima verso l’ipotesi minima sopra illustrata, ci si troverebbe dinanzi a un diritto limitato di fatto attraverso una discriminazione indiretta basata sul censo.
A ciò si aggiunga, infine, che in ogni caso la legge prevede un tempo di lavorazione della domanda di cittadinanza pari a 24 mesi, prorogabili fino a un massimo di 36, ai quali possono aggiungersi ulteriori 6 mesi per il completamento della procedura di giuramento, a partire dalla data di notifica. Una circostanza che, al periodo di residenza necessario per accedere alla naturalizzazione, aggiunge un ulteriore consistente tempo di attesa (fino a 3 anni e mezzo aggiuntivi, al netto di ulteriori ritardi burocratici) per ottenerla effettivamente.
La situazione per regioni
Supponendo che il numero complessivo dei potenziali beneficiari della riforma referendaria sulla cittadinanza, costituito in misura preponderante da una quota di cittadini non Ue lungosoggiornanti, si ripartisca per regioni italiane in misura analoga a quella che riguarda la totalità dei non comunitari titolari di un permesso di lungo soggiorno, si otterrebbe la seguente disaggregazione territoriale dei beneficiari stimati.
ITALIA. Stima dei cittadini non comunitari potenziali beneficiari della riforma referendaria sulla cittadinanza (8-9 giugno 2025), per fasce d’età e regioni. Dati arrotondati alle centinaia
Regioni | Totale | di cui minori | |||
v.a. | % su ITA | v.a. | % su ITA | Incidenza % su Tot | |
Piemonte | 90.300 | 6,4 | 22.600 | 8,0 | 25,0 |
Valle d’Aosta | 1.500 | 0,1 | 200 | 0,1 | 13,3 |
Liguria | 46.600 | 3,3 | 10.000 | 3,5 | 21,5 |
Lombardia | 371.200 | 26,1 | 79.600 | 28,0 | 21,4 |
Trentino Alto Adige | 24.300 | 1,7 | 4.600 | 1,6 | 18,9 |
Veneto | 143.600 | 10,1 | 30.200 | 10,6 | 21,0 |
Friuli Venezia Giulia | 28.100 | 2,0 | 4.800 | 1,7 | 17,1 |
Emilia Romagna | 163.600 | 11,5 | 33.800 | 11,9 | 20,7 |
Toscana | 120.500 | 8,5 | 25.900 | 9,1 | 21,5 |
Umbria | 23.400 | 1,7 | 5.000 | 1,8 | 21,4 |
Marche | 38.800 | 2,7 | 7.600 | 2,7 | 19,6 |
Lazio | 168.100 | 11,8 | 26.200 | 9,2 | 15,6 |
Abruzzo | 21.600 | 1,5 | 4.600 | 1,6 | 21,3 |
Molise | 2.400 | 0,2 | 400 | 0,1 | 16,7 |
Campania | 73.900 | 5,2 | 9.300 | 3,3 | 12,6 |
Puglia | 31.400 | 2,2 | 6.200 | 2,2 | 19,7 |
Basilicata | 3.900 | 0,3 | 900 | 0,3 | 23,1 |
Calabria | 17.200 | 1,2 | 2.900 | 1,0 | 16,9 |
Sicilia | 38.900 | 2,7 | 7.500 | 2,6 | 19,3 |
Sardegna | 10.700 | 0,8 | 1.700 | 0,6 | 15,9 |
ITALIA | 1.420.000 | 100,0 | 284.000 | 100,0 | 20,0 |
Fonte: Centro Studi e Ricerche IDOS. Elaborazioni su dati Istat aggiornati all’1.1.2024
BREVE GLOSSARIO
Naturalizzazione: modalità di acquisizione della cittadinanza italiana che si basa sul requisito della lunga residenza continuativa in Italia. L’attuale legge sulla cittadinanza (n. 91 del 1992) prevede che per ottenerla occorrano almeno 10 anni di residenza legale nel
Paese. Il referendum dell’8-9 giugno 2025 propone di modificare la norma, tornando a un periodo di 5 anni, così come era previsto nella legge precedente a quella attualmente in vigore.
Le altre principali modalità di acquisizione della cittadinanza italiana sono per matrimonio con un partner italiano (dopo 2 anni dalle nozze se risiede in Italia, 3 se risiede all’estero); per trasmissione da almeno uno dei genitori, che sia italiano per nascita o per acquisizione, ai figli minorenni (per i figli maggiorenni la trasmissione è applicabile solo se convivono stabilmente con il genitore da almeno 5 anni); per elezione alla maggiore età (possibilità di un neo maggiorenne straniero di chiedere, entro i soli 12 mesi da 18enne, la cittadinanza italiana qualora abbia risieduto continuativamente in Italia dalla nascita); per diritto di sangue (iure sanguinis), se si dimostra di avere avi italiani (fino ai bisnonni).
Soggiornanti di lunga durata (o lungo-soggiornanti): sono i cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno cosiddetto, appunto, di “lunga durata”, che, a differenza dei permessi di soggiorno “a termine”, non ha una scadenza e quindi non richiede di essere periodicamente rinnovato. Questo titolo si ottiene dopo almeno 5 anni di soggiorno regolare in Italia nei quali si è stati titolari di un permesso “a termine”:
quest’ultimo è rilasciato per uno specifico motivo del soggiorno (lavoro, famiglia, studio, asilo, protezione speciale, turismo ecc.) e ha una durata variabile a seconda del motivo stesso. Appena entrato in Italia con un visto rilasciato per uno specifico motivo, ogni cittadino non comunitario deve presentarsi in Questura per ottenere il permesso di soggiorno a termine per motivo analogo a quello del visto e, se intende restare regolarmente in Italia oltre la scadenza del permesso, poco prima di ogni scadenza deve ripresentarsi in Questura per rinnovarlo, di volta in volta dimostrando il possesso degli specifici requisiti richiesti per il possesso del permesso di cui è titolare. Al momento del rinnovo, alcuni permessi a termine per determinati motivi possono essere convertiti in permessi a termine per un motivo diverso (es. da studio a lavoro), se nel frattempo il titolare ne ha maturato i requisiti previsti. Se non si è in grado di dimostrare il possesso dei requisiti necessari al rinnovo, quest’ultimo non può avere luogo e, alla scadenza del permesso originario, il non comunitario è obbligato a lasciare l’Italia; se non lo fa e resta nel Paese, diventa “irregolare” e, come tale, passibile di espulsione e di obbligo di non rientro in Italia per alcuni anni.
Residenti stranieri: sono tutti i cittadini stranieri (comunitari e non comunitari) che risultano iscritti come residenti presso un Comune italiano. Ogni cittadino straniero che entra in Italia per rimanerci stabilmente è tenuto a effettuare tempestivamente l’iscrizione anagrafica come residente nel Comune in cui abita. Talora, tuttavia, gli uffici anagrafici effettuano la convocazione per l’avvio delle pratiche di iscrizione dopo un lungo tempo (in certi casi anche dopo diversi mesi) dalla presentazione della domanda, per cui, nel caso dei cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno per motivi che presuppongono una presenza stabile (lavoro, famiglia ecc.), è possibile che trascorra un tempo più o meno lungo nel quale, pur essendo regolarmente soggiornanti in Italia, non sono ancora residenti e quindi non è per loro ancora iniziato il periodo utile per ottenere la naturalizzazione.
[1] Cfr.
https://esploradati.istat.it/databrowser/#/it/dw/categories/IT1,POP,1.0/POP_FOREIGNIM/DCIS_PERMS OGG1/IT1,29_348_DF_DCIS_PERMSOGG1_2,1.0.
[2] La lista completa, tratta da World Atlas, è la seguente: Andorra, Arabia Saudita, Azerbaigian, Bahamas, Bahrein, Bhutan, Bielorussia, Botswana, Cina, Congo, Corea del Nord, Cuba, Emirati Arabi Uniti, Etiopia,
Giappone, Gibuti, Haiti, India, Indonesia, Iran, Isole Marshall, Isole Salomone, Kazakhstan, Kirghizistan, Kuwait, Laos, Macau, Malaysia, Micronesia, Monaco, Mongolia, Mozambico, Myanmar/Birmania, Nepal, Oman, Papua Nuova Guinea, Qatar, San Marino, Singapore, Swaziland, Tagikistan, Thailandia, Tonga, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan, Venezuela, Vietnam, Yemen e Zimbabwe. Cfr.
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