Il tempo scorre come la sabbia nella clessidra. L’anno scorso era cifra tonda: 10 anni dall’uccisione di Andrea Rocchelli il 24 maggio 2014. Ora entriamo in un altro decennio, quanti altri ce ne vorranno per avere risposte? Luciana e Giorgio Alpi non le hanno avute in vita e dopo 31 anni dall’assassinio/esecuzione in Somalia di Ilaria e Miran ancora la giustizia latita.
Forse possiamo dare noi qualche risposta alle domande che talvolta ci vengono rivolte o che noi stessi ci poniamo. Ci domandano perché tanta insistenza nella ricerca di giustizia dopo undici anni, perché continuare ad accumulare indignazione e frustrazione, di fronte a risultati parziali e deludenti.
Sì, infatti, i risultati non sono mancati: cosa è successo nel pomeriggio di maggio di 11 anni fa lo sappiamo, è scritto nelle sentenze di 3 gradi di giudizio. Sappiamo dell’attacco con artiglieria leggera e pesante sferrato da una brigata dell’esercito ucraino e dai miliziani della Guardia nazionale contro un gruppo di civili inermi. Sappiamo che è durato più di mezz’ora e che fu un crimine di guerra, così l’ha definito la magistratura italiana: nessuno doveva uscire vivo dal fossato in cui Andrea Rocchelli, il suo amico russo Andrei Mironov, il fotografo William Roguelon, il taxista e un altro civile si erano rifugiati dopo i primi spari.
Sappiamo tutto malgrado che le autorità ucraine non abbiano mai collaborato e poi abbiano costruito ad arte narrazioni autoassolutorie.
Dunque possiamo immaginarci ogni momento di quel tiro a segno che ha annientato Andrea e Andrei, ha ferito gravemente William. E’ un film che ci passa nella mente ogni giorno da 11 anni.
Ma il delitto è impunito e manca la giustizia. L’aspettativa di giustizia è un elemento costitutivo del rapporto di cittadinanza, è il fondamento della fiducia di ciascuno verso le istituzioni di uno Stato di diritto, è uno dei nodi della nostra appartenenza a questa comunità civile. E quanto alla sfera dei rapporti internazionali, questa non è fatta solo di dazi, di guerre commerciali, di affari da gestire e di flussi di denaro da promuovere, è fatta anche di tutela dei diritti umani, di rispetto reciproco, di osservanza delle regole internazionalmente accettate e dunque di giustizia da garantire. Temi decisamente fuori moda. Ma resta il fatto che abbiamo fame e sete di giustizia, possibilmente in questo mondo e non nell’aldilà.
Cosa ci aspettiamo dalla politica? Sempre e solo giustizia, invece sempre e solo assenza e silenzio. Con un’importante eccezione.
Il 3 luglio del 2024 abbiamo partecipato ad un’audizione presso il Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, istituito dalla Camera dei Deputati e presieduto dall’On Laura Boldrini. Siamo stati onorati di questo segno di attenzione dopo tanto tempo, ancor più quando abbiamo saputo che era stata presentata sul caso di questo delitto impunito un’”interrogazione a risposta” presso la III Commissione degli affari esteri e che era stato richiesto un incontro al ministro competente. Abbiamo atteso, sperando che s’invertisse una prassi di vero e proprio oscuramento della vicenda. Mai infatti il caso dell’uccisione di Andrea Rocchelli, un cittadino italiano, inerme, oltretutto di un fotografo intento a darci un’informazione onesta e indipendente su quanto accadeva nella primavera 2014, mai è entrato nell’agenda dei colloqui italo-ucraini, mai si è avuto un impegno politico-diplomatico a questo proposito.
Sono passati 10 mesi: l’on Boldrini e i co-firmatari e noi con loro stiamo ancora aspettando una risposta.
Il silenzio non potrebbe essere più eloquente.
Elisa Signori