Era davvero necessario intercettare la giornalista Nancy Porsia? E perché? Per chi? Domande che molti si sono già posti nel 2021, quando a latere di un procedimento per immigrazione clandestina, si scoprì che la giornalista era stata intercettata, senza essere tra gli indagati, persino mentre era al telefono con due avvocate, Alessandra Ballerini e Serena Romano. Fu quello il primo e più importante campanello d’allarme circa la possibile lesione della libertà dei giornalisti e del divieto di intercettarli, quattro anni prima del caso Paragon. Una vicenda gravissima che, con atto pubblicato poche ore fa, la Corte Europea sta valutando sotto il profilo tecnico e giuridico al fine di verificare se sia stato violato l’articolo 10 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo che si occupa, appunto, delle tutele della libertà di espressione. Nancy Porsia fu intercettata su richiesta della Procura di Trapani nell’ambito di un’indagine sul reato di immigrazione clandestina afferente le Ong che operavano nel soccorso di migranti nel canale di Sicilia. La giornalista non era coinvolta nell’inchiesta ma era in contatto con persone sospettate e lo era solo per la sua attività giornalistica, appunto. Le intercettazioni ebbero come effetto secondario non meno grave anche quello di scoprire le fonti con base in Tunisia e in Libia. Fu sempre l’attività professionale di Porsia a contribuire a disvelare quanto era accaduto, poiché al momento della discovery degli atti emersero le intercettazioni illegittime e gravi per la portata della violazione della privacy e della segretezza delle fonti giornalistiche. Alla luce di questo quadro definito sconcertante dal primo momento in cui fu noto alla giornalista e alle due avvocate, la Corte Europea pone al Governo italiano, controparte nel procedimento, una serie di domande. E dalle risposte che dovranno pervenire entro tempi piuttosto celeri si potrà capire non solo il livello della lesione alla libertà di espressione nel nostro paese ma, forse, anche qualcosa di più su quanto accadde nel periodo delle intercettazioni.
Questi i quesiti, resi noti oggi: “Se vi sia stata violazione della libertà di espressione del ricorrente ai sensi dell’art. Articolo 10, I comma, della Convenzione e in particolare al suo diritto di ricevere o comunicare informazioni? In tal caso, tale violazione era prevista dalla legge e necessaria?” . Le tre ricorrenti lamentano un’ingiustificata ingerenza nella loro privacy e la violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione, in assenza di un controllo giurisdizionale effettivo del provvedimento contestato, disposto nell’ambito di una procedura in cui non erano direttamente coinvolte, e senza alcuna garanzia procedurale a loro disposizione. Porsia lamenta altresì, nello specifico, che sia stata violata la riservatezza delle fonti giornalistiche, con una interferenza ingiustificata con la sua libertà di espressione.
Ballerini, Romano e Porsia sono assistite dall’avvocata Antonella Mascia e si attende nelle prossime ore l’eventuale decisione della Fnsi di entrare nel procedimento; infatti due anni fa il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Vittorio Di Trapani, propose la costituzione ad adiuvandum del sindacato dei giornalisti, in quanto le lesioni su Porsia hanno colpito l’intera categoria dei giornalisti in Italia.
(Nella foto Nancy Porsia)