Un tour promozionale per parlare di “Paolo Vive”, il suo film dedicato alla memoria del giudice Borsellino, un libro in uscita a giugno, con protagonista il mondo dell’Arma dei Carabinieri, un film che inizierà a girare a novembre, dal titolo “Oltre la divisa”, e finalmente la gioia e la serenità di un’esistenza in cui i progetti vanno a dama e le speranze sono più delle preoccupazioni. Non è stato facile giungere a questo punto, ma la regista Debora Scalzo, catanese d’origine ma da anni residente a Milano, non si è mai arresa. Di questo e molto altro ancora ha deciso di parlarne in esclusiva con noi, alla vigilia di un giro del mondo che la porterà a Parigi, a Londra, a Bruxelles, a New York e persino in Canada.
Il cinema unisce ciò che la triste realtà del nostro tempo divide, e non c’è cosa più bella che vedere una giovane donna finalmente felice dopo essersi realizzata grazie al suo lavoro e senza favoritismi di sorta.
Dopo non poche traversie, sembra essere tornato il sereno nella tua vita, al punto che il tuo film, “Paolo Vive”, dedicato al giudice Borsellino, sarà presentato, nelle prossime settimane, in giro per il mondo. Raccontaci com’è nato e come stai vivendo questo momento.
“Paolo Vive” è nato dalla necessità di raccontare una storia che non fosse solo memoria, ma anche testimonianza viva di un uomo straordinario come Paolo Borsellino. Ho sentito il bisogno di andare oltre la cronaca, oltre il dolore, per restituire il senso profondo del suo sacrificio e del suo insegnamento. Non volevo raccontare solo il magistrato, ma soprattutto l’uomo. Perché dietro la toga c’era un padre, un marito, un amico, una persona con sogni, paure e un amore immenso per la sua famiglia e per la sua terra. E forse è proprio questo l’aspetto più toccante: tutto ciò che, in questi oltre trent’anni di sua assenza, si è perso. Il dottor Borsellino non ha potuto vedere crescere i suoi figli, non ha potuto conoscere i suoi nipoti, non ha potuto vivere quella dolcezza e quella complicità che solo un nonno può avere con i suoi nipoti. E lui, ne sono certa, sarebbe stato un nonno straordinario. Pensare a questo lato della sua vita spezzata così presto rende ancora più forte il dovere di raccontarlo, affinché il suo sacrificio non sia stato vano e il suo esempio continui a vivere nelle nuove generazioni. Questo docufilm è un atto d’amore e di riconoscenza verso un uomo che ha dato tutto per il suo Paese. Paolo Vive non è solo un titolo, ma una certezza: la sua eredità morale è ancora qui, nelle coscienze di chi non smette di credere nella giustizia. Mentre in merito alla mia serenità ritrovata, beh diciamo che questo sereno è dovuto al mio lavoro, che è sempre stato la mia ancora di salvezza. È ciò che mi spinge a dare sempre di più, a superare i miei limiti, a cercare di raccontare storie che abbiano un impatto. In questo momento, sono particolarmente felice perché sto per partire per la promozione internazionale di Paolo Vive, un progetto che mi sta a cuore più di ogni altro. La distribuzione internazionale di Paolo Vive è un traguardo che mi riempie di orgoglio, reso possibile grazie al supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le Ambasciate Italiane nel Mondo e la Farnesina che hanno creduto in questo progetto sin da subito. E per questo voglio ringraziare il ministro Antonio Tajani, il ministro Plenipotenziario e Direttore della Farnesina Filippo La Rosa, e la dottoressa Caterina Scarponi, per la grande attenzione e sensibilità.
Vivere questo momento è per me una gioia immensa. Dire che è inaspettato sarebbe riduttivo: all’inizio non avrei mai immaginato che Paolo Vive potesse arrivare così lontano, ma oggi è una realtà. È la dimostrazione che anni di sacrifici, di passione e di determinazione possono portare a risultati straordinari. Portare nel mondo la storia di un uomo come Paolo Borsellino, che ha dato la vita per la giustizia, è un onore immenso. Questo film non è solo un omaggio a lui, ma anche un tributo alla Sicilia onesta, a tutti coloro che credono nel valore della legalità e nel coraggio delle proprie azioni. Sapere che il suo messaggio arriverà ovunque mi riempie di emozione e di gratitudine.
A tal proposito, ci sarà anche un dibattito di giuristi italiani in quel di Montréal. Perché la figura di Borsellino ha varcato i confini italiani ed è diventata così famosa in tutto il mondo? Cosa ti aspetti da questi incontri?
La figura di Paolo Borsellino ha varcato i confini italiani perché il suo esempio di coraggio e integrità va oltre il contesto della lotta alla mafia in Italia: è un simbolo universale di giustizia, di resistenza al crimine organizzato e di dedizione assoluta alla legalità. Il suo sacrificio ha lasciato un segno profondo non solo nel nostro Paese, ma ovunque si combatta per uno Stato libero dalla corruzione e dalla paura.
Il dibattito con i giuristi italiani e canadesi a Montréal rappresenta un’opportunità straordinaria per continuare a diffondere il messaggio di Borsellino in un contesto internazionale. Mi auguro che questi incontri possano stimolare una riflessione profonda su quanto il suo operato sia ancora attuale e su come i suoi insegnamenti possano essere applicati nelle sfide contemporanee legate alla giustizia e ai diritti.
Mi aspetto un confronto ricco e costruttivo, in cui la memoria di Borsellino non sia solo celebrata, ma diventi un punto di partenza per nuove azioni e impegni concreti. Perché il modo migliore per onorarlo è non solo ricordarlo ma continuare a lottare per i valori per cui ha dato la vita.
Il 7 aprile, con la tua casa di distribuzione, uscirà “Il senso della vita”. Di cosa si tratta? Che film è?
“Il senso della vita” è un film toccante e profondo che esplora il potere delle connessioni umane e il significato più autentico dell’esistenza. Diretto da Cat Hostick, racconta la storia di Finn Faber, un aspirante musicista, interpretato dal grande cantante e attore canadese Tyler Shaw, che quasi per caso accetta un lavoro come clown terapeuta in un ospedale. Qui incontra Sofia, una bambina di 9 anni affetta da leucemia terminale, e presto si rende conto che il loro incontro non è solo una coincidenza, ma un’esperienza destinata a cambiargli la vita.
Questo film è un viaggio emotivo che parla di crescita, di speranza e di come, a volte, siano proprio le persone più fragili a insegnarci le lezioni più grandi. Il senso della vita ci ricorda l’importanza di vivere con autenticità, di affrontare le sfide con coraggio e di aprire il cuore agli incontri che possono trasformarci.
Sono orgogliosa di poter portare questa storia nei cinema italiani con Underground Distribution, è un film di cui io e Mario Giarola ci siamo innamorati subito. Dal 7 aprile, il pubblico avrà l’opportunità di lasciarsi emozionare da un film che tocca le corde più profonde dell’anima.
Oltre che regista, sei anche scrittrice. Parliamo del tuo prossimo romanzo, in uscita a giugno per Santelli. Di cosa si occupa? Come ti è venuta l’ispirazione? A chi è rivolto?
Il mio prossimo romanzo, in uscita a giugno per Santelli Editore, è un’opera di fantasia che ho voluto realizzare con grande passione. Dopo tanti anni di progetti dedicati alla Polizia di Stato, sentivo il desiderio di raccontare una storia che rendesse omaggio anche all’Arma dei Carabinieri, che quest’anno mi ha conquistata profondamente.
Se a fine anno sarò sul set del mio nuovo film “Oltre la Divisa”, che tratta la storia di un generale dell’Arma dei Carabinieri corrotto, toccando tematiche come corruzione, abuso di potere, violenza e le “mele marce” nel mondo in divisa, nel libro che uscirà a giugno, invece, ho voluto raccontare un’altra prospettiva. Al centro della storia c’è un colonnello dell’Arma dei Carabinieri, un uomo che vive il conflitto tra il dovere e i sentimenti, tra la rigidità imposta dalla sua professione e le emozioni che lo travolgono. Ma ovviamente non posso e non voglio anticipare di più, perché credo che la storia di questo Colonnello debba essere letta in tutta la sua intensità, a partire proprio dal 5 giugno, il giorno dell’uscita del libro. Ho scelto il 5 giugno con una motivazione speciale: è il giorno della Festa Nazionale dell’Arma dei Carabinieri.
È un racconto che sfida le aspettative, che va oltre ciò che ci si potrebbe aspettare da un uomo in divisa, portando il lettore a scoprire un lato più intimo e vulnerabile di questo personaggio. Sono convinta che spiazzerà, sorprenderà e, soprattutto, lascerà il segno. Sono felice del risultato, orgogliosa della storia che ho creato e consapevole che questo libro resterà, come un ricordo indelebile, tra le mie opere più belle. Non vedo l’ora di condividerlo con i miei lettori, e soprattutto con le mie lettrici, che sono sicura impazziranno per questa storia. Ma non posso dire di più.
A novembre, come detto, inizierai a girare un film intitolato “Oltre la divisa”? Come nasce questa tua passione per le forze dell’ordine? Puoi fornirci qualche dettaglio in merito?
“Oltre la divisa” è un film che nasce da una riflessione profonda sulle forze dell’ordine e sul loro ruolo nella società. La passione per questi temi è cresciuta con il tempo, attraverso anni di progetti che hanno esplorato la giustizia, l’onore e la difficoltà di vivere sotto una divisa. Con questo film, voglio affrontare tematiche cruciali e spesso scomode, portando alla luce storie di denuncia che raccontano le contraddizioni, i sacrifici e le ombre che si celano dietro l’uniforme.
Il film racconta cinque storie interconnesse, partendo dal tragico assassinio dell’ispettore Giovanni Lizzio nel 1992, una ferita ancora viva nella memoria collettiva di Catania e dell’Italia. Seguiranno la storia d’amore tra un poliziotto e un finanziere, una storia profonda e autentica che si inserisce in un contesto di grande significato, la storia di una soldatessa abusata e l’incontro tra un generale corrotto dell’Arma dei Carabinieri e una prostituta che diventa la figura centrale che unisce e colora tutto il film.
Tutti questi racconti si intrecciano, ma la storia del generale corrotto e della prostituta sarà il filo conduttore che collega le altre. Vogliamo dedicare il film non solo all’Arma dei Carabinieri, ma a tutti gli appartenenti delle forze dell’ordine, mettendo in luce sia le difficoltà ma anche le scomode verità all’interno di queste istituzioni, omaggiando chi indossa la divisa con onestà e dedizione e denunciando le mele marce.
La storia sembra davvero procedere per salti, anche quella delle persone comuni. Come ti spieghi quest’improvvisa vitalità che ti porterà a compiere un autentico giro del mondo nell’arco di pochi mesi? Come vivi questa nuova fase della tua esistenza?
Questa nuova fase della mia vita è davvero intensa e sorprendente. Sento che ogni esperienza mi sta spingendo a compiere dei passi che non avevo mai immaginato, e non solo dal punto di vista professionale ma anche personale. In effetti, è come se tutto stesse accadendo in un periodo concentrato: un “giro del mondo” che mi porta a confrontarmi con realtà diverse e a fare scelte che forse, se avessi avuto più tempo, avrei affrontato in maniera più ponderata.
Ma credo che la vitalità che sento, questo movimento improvviso e frenetico, sia un riflesso della crescita e della consapevolezza che sto acquisendo. Ho imparato a non avere paura di quello che viene, a immergermi nelle sfide e a vedere in ogni difficoltà una possibilità di apprendimento. La mia carriera, il mio lavoro e la mia arte si stanno evolvendo in modi che non avevo previsto, eppure sento che tutto ha un senso, che tutto è un passo verso qualcosa di più grande.
Questa fase della mia vita è un mix di emozioni, entusiasmo e, sì, anche un po’ di ansia. Ma la mia passione per il cinema, per raccontare storie significative e importanti, mi guida e mi permette di guardare al futuro con speranza e determinazione. È come se finalmente potessi mettere in pratica tutto ciò che ho imparato, tutto ciò che ho vissuto, per creare qualcosa che tocchi davvero le persone, che abbia un impatto positivo.
Quindi, non è tanto un giro del mondo per caso, quanto una continua ricerca di significato, un viaggio che mi sta portando a esplorare nuovi orizzonti, a dare vita a progetti che sento profondamente. E tutto questo, con il cuore e la mente aperti, è ciò che sto vivendo in questa nuova fase della mia esistenza.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai già qualche idea alla quale stai lavorando, qualcosa che ti ha colpito in maniera particolare?
I miei progetti futuri sono davvero stimolanti. Ho appena accettato la regia di un film molto importante e scomodo che tratterà la storia del G8 di Genova e, in particolare, della caserma di Bolzaneto, un tema che ritengo fondamentale raccontare. Questo film è previsto per il 2026 e credo sarà un’opera di grande impatto, che affronterà una delle pagine più dolorose e significative della nostra storia recente.
Inoltre, sono felice di annunciare la mia nuova nomina come Direttrice di Produzione della Santelli Pictures, casa di produzione cinematografica fondata dal prestigioso Gruppo Editoriale Santelli. È una nomina che mi rende molto orgogliosa e che segna un passo importante nella mia carriera. Al momento, stiamo lavorando a un film di grande importanza, che è in produzione, e un docufilm in distribuzione.
Il futuro si preannuncia davvero ricco di opportunità! Come accennato, mi stanno arrivando tante proposte, sia in Italia che all’estero, tra cui due progetti davvero molto importanti: due film storici e in costume che sto valutando con molta attenzione. Sono una persona “bionica”, impegnata in molte attività, però scelgo sempre con molta cura i progetti ai quali dedicarmi.
Questi due film storici sono un po’ una sfida per me, perché appartengono a generi completamente diversi dai miei, che da anni si concentrano sul poliziesco antimafia. Tuttavia, il film storico in costume è anche quello che mi ha avvicinato al mondo del cinema. Da bambina, grazie a mio nonno Salvatore, che mi faceva vedere film storici come “Ben Hur”, “Sansone e Dalila”, “Gesù di Nazareth” o “Cleopatra” e tanti altri che mi hanno segnato, mi sono innamorata di quel mondo. Poter realizzare oggi dei film storici, che sto considerando, è un sogno che si avvera, ed è anche un’opportunità di ampliare i miei orizzonti e sperimentare nuovi generi, andando oltre il mio attuale ambito. Questo, per me, è un passo significativo e un modo per coniugare il mio amore per il cinema con nuove sfide artistiche.
Tu hai un figlio di dieci anni. Come valuti il mondo intorno a noi? Quale pianeta vorresti lasciargli in eredità? Cosa ti preoccupa maggiormente del presente e in vista del futuro?
Quando guardo al mondo che lascerò a mio figlio, Samuele, non posso fare a meno di sentire una grande responsabilità. Il mondo sta cambiando rapidamente, e purtroppo non sempre in meglio. La crescente instabilità climatica, l’inquinamento, le disuguaglianze sociali e le tensioni geopolitiche sono preoccupazioni che mi pesano nel cuore. Quello che mi preoccupa maggiormente è il futuro del nostro pianeta e la sua capacità di sopravvivere alle sfide che stiamo affrontando.
Mi piacerebbe poter lasciare a Samuele un mondo più sostenibile, più equo, dove l’amore per la natura, la solidarietà e l’educazione siano al centro delle nostre scelte. Un mondo in cui i bambini possano crescere senza paura per il loro futuro, dove il rispetto per gli altri e per l’ambiente sia la base di tutto.
Sento la necessità di fare la mia parte per questo, anche attraverso il mio lavoro, cercando di portare temi di riflessione attraverso i miei progetti e di sensibilizzare le persone, sperando che insieme possiamo lasciare un segno positivo.
Come scegli attrici e attori dei tuoi film? Quali sono le qualità, al di là delle capacità, che devono avere per conquistarti?
Quando scelgo gli attori e le attrici per i miei film, la parte più importante per me va oltre la semplice capacità di recitazione. Cerco persone che abbiano una connessione autentica con il progetto, che siano capaci di entrare nel cuore e nella mente dei loro personaggi. Voglio che l’attore o l’attrice porti con sé qualcosa di unico, una vibrazione che aggiunga profondità e verità al ruolo.
Cerco anche chi abbia passione per il lavoro e una vera dedizione. La professionalità è fondamentale, ma ciò che davvero mi conquista è la voglia di mettersi in gioco, di sfidarsi e di crescere insieme al progetto. Mi piace lavorare con chi è disposto a spingersi oltre i propri limiti, a esplorare nuovi territori emotivi e artistici.
Inoltre, credo che l’umiltà sia una qualità imprescindibile. Essere consapevoli delle proprie potenzialità ma anche rispettosi del lavoro collettivo e della visione del regista. La sintonia con il cast e la capacità di creare un’atmosfera di collaborazione sono altrettanto importanti per me. Un buon gruppo di lavoro è ciò che permette di tirare fuori il meglio da ogni singolo attore o attrice, e questa energia si trasmette direttamente sullo schermo.
Aggiungerei che mi piace lavorare con persone che hanno una profonda umanità, che portano rispetto a tutti i membri del team, affinché il film riesca nel miglior modo possibile. Credo che tutti, dalla troupe agli attori, siano una squadra. Per lavorare bene insieme, dobbiamo essere connessi e rispettarci. Se vedo troppe pretese, comportamenti da diva o altezzosi, non vanno bene per il mio progetto. È fondamentale che chi partecipa al film creda veramente nel progetto a 360 gradi: non solo perché è un lavoro in più, ma perché quel film deve lasciare qualcosa dentro di loro. La passione, l’amore vero e immenso per il proprio lavoro sono le qualità che cerco, e se non ci sono, è meglio non procedere.
Qual è la scelta di cui vai maggiormente fiera e quella che, invece, non ripeteresti mai, ora che sei prossima al significativo traguardo dei quarant’anni?
La scelta di cui vado maggiormente fiera è quella di aver sempre seguito il mio cuore e la mia passione, anche quando le cose non erano facili. Ho scelto di lavorare in un ambiente che mi stimola, mi permette di crescere e, soprattutto, di esprimere la mia visione. Ogni progetto che ho intrapreso è stato un passo verso la realizzazione di qualcosa di autentico, e sono orgogliosa di non essermi mai piegata alle pressioni esterne ma di aver sempre scelto ciò che mi faceva sentire in sintonia con me stessa.
La scelta che non rifarei, invece, è quella di aver dato troppo di me stessa a situazioni che non lo meritavano.
La lezione più importante che ho imparato è che bisogna saper dire “no”, non solo per difendere i propri spazi ma per dedicare il proprio tempo a ciò che veramente conta.
La scelta di lasciare un lavoro sicuro in banca per intraprendere la carriera nel cinema è stata sicuramente una delle più coraggiose della mia vita. Ho messo a rischio la sicurezza per l’incertezza ma il coraggio mi ha premiata, permettendomi di raggiungere traguardi incredibili. Ora che sono prossima ai quarant’anni, posso finalmente scegliere con maggiore consapevolezza cosa fare della mia vita, anche in ambito professionale. Ho deciso di concentrarmi su progetti più significativi. E avere più tempo da dedicare a mio figlio che è la mia priorità. Con Samuele, tutte le sere, quando non sono in viaggio per lavoro, facciamo sempre una passeggiata insieme, parliamo tantissimo, andiamo a bere dalla cioccolata calda al thè, una vita semplice e genuina, ma piena d’amore che ci unisce. Ogni tanto, improvvisamente, ci abbracciamo ad incastro per strada: hai presente come i Lego? Ecco, le persone sorridono e noi pure. Questi momenti sono fondamentali per me, perché mi danno la forza e l’ispirazione per andare avanti.
Si può fare il lavoro più importante del mondo, ricevere premi prestigiosi, viaggiare per il globo, lavorare con attori di Hollywood, ma la mia vittoria più grande, il mio successo più importante, è mio figlio. L’amore che mi dona incondizionatamente, e che è ricambiato, è il mio premio più significativo. Per me, lui è la cosa migliore al mondo, ed è l’unica ragione per cui valga la pena vivere.