80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Lo straordinario caso dell’Argentina di Milei

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La vecchia zia un po’ distratta, rimasta nella lontana provincia e da sempre dimenticata (salvo nella litania dei vincoli di sangue e nella telenovela del trattato UE-Mercosur), torna all’improvviso in prima pagina in entrambi i mondi, il vecchio e il nuovo, in contemporanea, come vuole l’urgenza permanente dei tempi digitali. E’ l’Argentina del prodigioso Javier Milei, da costui stesso ripresa per i capelli mentre annaspava ormai in una inflazione 200% nell’Atlantico sud, periodicamente reso procelloso da colpi di stato militari o da colpi di testa poco o nulla civili. E’ l’allucinazione di un’epifania all’incontrario in cui si nasconde il più per esaltare il meno, mentre i re maghi adorano solo se stessi nell’inedito triangolo Washington-Gerusalemme-Buenos Aires, senza alcun mistero e tutt’altro che santissima trinità. Non vengono, vanno: via dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, via dalle Nazioni Unite (ONU), via dal patto per la difesa dell’ambiente di Parigi, via da dovunque si convive istituzionalmente, che vuol dire negoziare tutti i giorni il reciproco rispetto internazionale. Via perché non si può convivere con gli infedeli, i diversi, gli altri -dicono-. Come se nell’arroganza del romanticismo di presunte, irrinunciabili identità ciascuno non fosse per tutti uno degli altri…

Prevale -ciononostante- il carpe diem… Poiché le alternative richiederebbero intelligenza di necessità e possibilità che sul mercato politico occidentale stentano a manifestarsi. Sebbene da più parti avvertiti (ancora nei giorni scorsi da ricercatori dell’università di Oxford) che il cambio climatico in atto somma oggi l’aumento di 1,5 gradi nella temperatura media dell’ultimo secolo; favorendo varie e prossime invasioni endemiche in America e in Europa, a cominciare da quelle del dengue e dello zika. Ma per Milei la vaccinazione anti-Covid è stata una congiura di “cavernicoli ideologi della quarantena” e gli stati che vi hanno aderito “complici del delitto di lesa umanità più stravagante della storia”. Non fa parola degli incendi che in queste ore devastano 50mila ettari di bosco nelle zone più turistiche del paese, costringendo amministrazioni comunali con le casse vuote per la recessione a farsi carico come possono di migliaia di evacuati. E’ Rodolfo Rubinstein, ex sottosegretario alla Sanità del governo di destra del presidente Mauricio Macri, a richiamare l’attuale capo di stato a tenere conto che l’OMS garantiva l’acquisto di vaccini e farmaci a prezzi super-scontati.

Ed è il quotidiano Clarin, voce storica dei grandi interessi industriali consolidati, nemico giurato del populismo peronista, a richiamare i rischi degli incroci dell’ultimo momento tra interventi monetari e interventi fiscali. Vale a dire tra la politica della banca centrale in difesa della moneta nazionale e la riduzione delle ritenute all’export agricolo. Allo scopo di stimolare così la cessione dei dollari ottenuti dalle vendite all’estero contro pesos al tasso di cambio attuale, da più parti ritenuto artificiosamente favorevole alla moneta argentina. Per evitare una sua svalutazione che il Fondo ha finora invece posto come condizione per concedere l’ulteriore credito richiesto e attualmente in trattativa. Ma che il governo tenta strenuamente di evitare, in quanto si rifletterebbe d’immediato sull’intera catena dei prezzi fino a far saltare nuovamente il freno posto all’inflazione. Dunque un passaggio cardine per la stessa solidità degli equilibri economico-finanziari complessivi. Resi già fragili dalla caduta dell’attività industriale (-10%, nel 2024, la più pesante degli ultimi vent’anni, con grandi imprese nelle costruzioni e nel latteo-caseario costrette a convocare i creditori). Come scrive Clarin: il problema non si risolve con il mangiare a pranzo quanto previsto per la cena.


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