Lampedusa e migranti. Allo scoccare del 2023, la clessidra sembra essere tornata indietro di oltre dieci anni

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Lampedusa 15 settembre 2011 … no 2023. Scene da un caos annunciato. Quella di Lampedusa tra il 10 e il 15 settembre scorso era una situazione prevista e prevedibile in un contesto di crisi internazionale che coinvolge un NordAfrica da troppo tempo pentola a pressione sul fuoco.  Con migliaia di persone migranti che premono per lasciare non solo la Libia ma soprattutto la Tunisia con la quale l’Europa ha stretto traballanti accordi per frenare le partenze.
Uno scenario che ricorda gli esodi del post primavere arabe del 2011 quando migliaia di tunisini (ma anche subsahariani e Corno africani ) si riversavano sull’isola più prossima al confine europeo: Lampedusa.
Tanto era stato fatto negli anni a seguire per evitare il “tappo” a Lampedusa, tanto poi dal 2017 in poi é stato fatto per smantellarlo nell’idea di poter frenare i flussi eliminando i soccorsi a mare delegandoli ai libici di Tripoli ai quali in cambio si davano soldi e mezzi navali.  Mentre le Ong rimaste a operare in mare subivano codici di condotta e decreti su decreti perché considerate pull factor .
Un sistema che ha ridotto il numero degli sbarchi solo per qualche anno a discapito di migliaia di esseri umani riportati esattamente da dove scappavano, facendoli tornare in una condizione vessatoria e disumana. Senza contare le migliaia di vittime, annegate in quel mare lasciato deserto.  Un sistema comunque fragile che molti analisti avevano previsto sarebbe risultato inefficace e ancor più dannoso quando i flussi sarebbero ripresi copiosi seguendo la scia delle crisi in molti paesi africani e asiatici .
Allo scoccare del 2023, la clessidra sembra essere tornata indietro di oltre dieci anni. Perché le scene che abbiamo visto e continuiamo a vedere a Lampedusa ricordano il 2011 quando si dovette chiamare l’esercito per contenere le migliaia di persone ammassate in ogni angolo e anfratto dell’isola. L’allora ministro del governo Berlusconi, il leghista Roberto Maroni, tirava le orecchie ad un’Europa che “non fa nulla per aiutare l’Italia nell’emergenza”. Mentre il cardinale Angelo Bagnasco, allora presidente della CEI, ripeteva “ l’Europa non può pensare al propio futuro senza l’Africa” .   Ancora si ipotizzavano rimpatri impossibili e potenziamento dei centri per i rimpatri dove in centinaia restavano chiusi anche se non avevano commesso alcun reato, provocando proteste eclatanti come quella delle bocche cucite e lo sciopero della fame.
Gli sbarchi continuarono, i morti in mare aumentarono. Dopo le 368 vittime alle porte di Lampedusa nell’ottobre del 2013 si tentò con i dispositivi di soccorso, prima Mare Nostrum poi Triton e Themis.  Debellati perché considerati ”attrattivi” per i migranti che però hanno continuato a partire, tanti a morire, molti ad approdare. Solo che approdano da soli aggrappandosi al primo salvagente disponibile: Lampedusa.
E allora si grida nuovamente all’emergenza, all’invasione, al caos. Deja vu Sebbene i numeri degli arrivi siano nella media degli anni, sì più caldi ma non certo insostenibili.
Sembra di vedere un film visto e rivisto, di sentire una radio che ripete a oltranza lo stesso programma. Mentre si ripetere lo stesso errore sapendo di sbagliare. A chi giova questo caos? Un sospetto corre sul filo: giova a chi pensa di poter giocare un ruolo nei prossimi equilibri europei ancora una volta creando tensione usando le vite della povera gente che arriva su queste barche.    Meglio ancora se sono giovani e con la forza della loro gioventù sono riuscito a superare cose che per la gente comune risulterebbero sovrumane.
Attenzione però, secondo Platone, dal Caos nasce il Cosmo inteso come forza positiva contro il disordine. E allora in mezzo a tutto questo caos di cui qualcuno cercherà di approfittare ci sono tre immagini sulle quali voglio puntare i riflettori. Non quelle delle calca al molo Favaloro o delle risse per un panino in hotspot . No io voglio puntare i riflettori sui lampedusani che aprono le loro case, che preparano pasti e regalano abiti a migliaia di migranti che escono dall’hotspot dove non c’è posto per tutti. L’immagine di un grande carabiniere che tiene in braccio e accarezza una piccola subsahariana  prima di restituirla alla mamma , degli operatori della Croce Rossa e di tutte le forze di polizia che mantengono l’ordine creato dal caos. E l’immagine ancora più potente di un gruppo di ragazzini africani, appena approdati chissà dopo quali peripezie, che ballano insieme ai tanti turisti ancora sull’isola. Sulle note di “Buffalo Soldier” di Bob Marley e di “Waka Waka, Time for Africa”  di Shakira nella centralissima via Roma.
Se qualcuno pensa di creare il caos pertanto, stia attento perché dal Caos prima o poi rinasce un Mondo Nuovo.


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