Maggio, il mese della nostra memoria

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Maggio è un mese importante per la memoria e per non dimenticare, dalle stragi di mafia di Capaci a quella di Firenze dei Georgofili, ma non solo, il 22 sono stati i dieci anni dalla scomparsa di don Andrea Gallo e il 27 i cento anni dalla nascita di uno dei suoi maestri, don Lorenzo Milani, l’altro è stato don Primo Mazzolari il parroco di Bozzolo. Il desiderio di chi lo ha conosciuto, di chi sa quello che ha fatto, di chi lo ritiene un simbolo di Amore, Pace e Misericordia, è quello di vedere papa Francesco inginocchiarsi sulla sua tomba, come ha fatto con don Lorenzo e don Primo. Don Gallo è stato una voce importante non solo per la vita civile, per la Chiesa, ha costruito un ponte infinito tra la Parola di Gesù e il mondo laico. Una frase del maestro di Barbiana che usava per spiegare ai suoi ragazzi il significato della politica e che don Gallo ripeteva spesso: “Uscire tutti insieme dai problemi con peculiarità, che è irrinunciabile, partire dagli ultimi”. Sono dovuti passare cinquant’anni dalla morte di don Milani e l’arrivo di un papa dall’Argentina perché la Chiesa pronunciasse nuovamente il suo nome e quello di don Primo Mazzolari, con un atto che più eloquente di così non poteva essere: la visita, da pellegrino, alle tombe di entrambi, a Barbiana e a Bozzolo, luoghi dove i due preti erano stati parroci. Don Milani, come don Gallo a Genova, era considerato dalla diocesi di Firenze un comunista, relegato dall’ufficialità della Chiesa nella “zona d’ombra”. Il maestro di Barbiana, per don Gallo è stato il punto di riferimento, raccontava che la sua opera lo aveva aiutato a capire che l’umanità si divide in due categorie: le persone che contano qualcosa e quelle che non contano. “Quando si appartiene alla persone che non contano dopo un po’ diventa naturale pensare di non contare niente. Questo non allevia la sofferenza”. In occasione dei cento anni dalla nascita di don Milani vorrei ricordare la lettera mandata ai cappellani militari che gli avevano contestato l’obiezione di coscienza come un insulto alla Patria e ai suoi caduti, definendola: “Estranea al comandamento dell’amore ed espressione di viltà”. Così aveva risposto il prete di Barbiana: “Non discuterò qui l’idea di Patria in sé, non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso; io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. Le parole di don Lorenzo avevano insegnato a don Andrea che l’educatore non è mai neutrale, che è “un fronte decisivo della lotta politica”. “Don Milani”, raccontava don Gallo, “mi colpì, oltre per la dedizione totale alla causa degli ultimi, in particolare per la capacità di riuscire a creare le condizioni perché essi ‘prendano la parola’, diventino cioè soggetti della loro vita e della società. Il parroco di Barbiana aveva un’incondizionata fiducia nelle loro potenzialità represse dalle condizioni sociali, ed era amorevole la capacità d’ascolto con cui si apre alla loro profezia. ‘Noi abbiamo dato loro il modo di esprimersi, ma essi ci hanno insegnato a vivere’ Diceva don Milani” Papa Francesco nei giorni del ricordo di don Lorenzo ha detto: “Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra la risposta all’esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani. “Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà”. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente ed il cuore alla realtà, alla ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. Noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a trecentosessanta gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare – questo è il segreto imparare a imparare – questo gli rimane per sempre. Rimane una persona aperta alla realtà”.

(Nella foto don Andrea Gallo)


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