Raccogliamo l’appello e mobilitiamoci per la sanità pubblica

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Per capire la realtà è sempre utile partire dai piccoli fatti, quelli, come si suol dire, che riguardano la vita di tutti i giorni.
Il portiere del nostro condominio soffre di asma, ha avuto un attacco pesante, tipico da inizio primavera, è andato al pronto soccorso di uno dei maggiori e ritenuti migliori ospedali di Roma (nord). Lo visitano dopo otto ore, fanno cortisone, aggiustano terapia e un giovane – forse giovanissimo – medico nota un neo su una guancia. Gli dice di prenotare una visita in dermatologia e di farlo presto. Il nostro amico portiere la mattina dopo chiama per ore il CUP dell’ospedale e alla fine, quando finalmente rispondono, gli propongono la visita per il 10 gennaio 2024. Prenota. Poi incontra un medico anestesista che abita nel palazzo e gli racconta la storia. Il medico lo guarda e gli dice che non va bene aspettare febbraio dell’anno prossimo, anzi gli prenota una visita privata con un dermatologo che conosce per la settimana successiva.
Avete già capito: il dermatologo fa diagnosi di melanoma e dice che va asportato al più presto. Clinica privata, il condominio partecipa con un contributo, day hospital e asportazione dopo quattro giorni. Risultato istologico: carcinoma, non ha invaso linfonodi, dopo poco tempo sarebbe stato fatale.
Ieri a Milano migliaia di persone hanno risposto all’appello di Medicina democratica e altre organizzazioni per la manifestazione per la salvezza della sanità pubblica, “Sani come un pesce?”, nell’ambito della Giornata Europea contro la commercializzazione della salute. E dal palco è stato annunciato che ogni settimana sarà resa pubblica la drammatica “classifica” delle più lunghe liste di attesa regione per regione. E’ da paese civile una situazione del genere?
E’ per questo che dobbiamo mobilitarci a difesa di un pilastro del welfare. Al momento sono oltre 103 mila le firme apposte alla petizione a difesa dell’Ssn lanciata il 10 marzo scorso sulla piattaforma Change.org, ma gli organizzatori, tra cui l’ex senatore Vasco Errani, puntano a superare l’asticella delle 150 mila. A dimostrazione che la partita del consenso si gioca sempre più sul terreno della difesa del diritto alla salute, messo in discussione dalle liste d’attesa e ancora di più dalla conseguente e strisciante privatizzazione. A documentarne l’inesorabile ascesa è l’annuario statistico dell’Ssn appena pubblicato. Nel 2021 le strutture private accreditate sono salite a 995, erano la metà solo 10 anni fa e rappresentano ormai il 46,9% del totale. In un decennio aumentano da 5.587 a 8.778 anche gli ambulatori specialistici, mentre i presidi deputati all’assistenza residenziale da 4.884 salgono a 7.984, raggiungendo così l’84% del totale.
E’ evidente che la responsabilità di tutto questo non è solo del governo attuale, ma di una scellerata politica, avviata da Berlusconi e proseguita purtroppo con tutti i governi. Ovviamente la Lombardia, governata da decenni dalla destra, è il prototipo dello smantellamento del pubblico a scapito del privato ed è altrettanto ovvio che questo è uno dei problemi che più ha pesato sulle conseguenze del Covid, soprattutto all’inizio della pandemia.
Ma ora questo governo ha già scelto di disinvestire sul pubblico a favore del privato e le prime conseguenze si vedranno rapidamente nel Lazio dove, come è sotto gli occhi di tutti, lo sviluppo della sanità privata è incontenibile.
Si è molto parlato dei medici cubani voluti dalla regione Calabria, con un governatore di Forza Italia, ma non è affatto questo il problema. Quello che dobbiamo evitare è lo smantellamento del servizio sanitario pubblico, l’unico che salva la vita e garantisce la salute a chi non ha mezzi per andare dai privati. Integriamo il privato nel pubblico se e quando serve, ma riapriamo velocemente tutti i concorsi e le assunzioni per medici e infermieri, investiamo in attrezzature, in prevenzione, in medicina d’urgenza e in assistenza domiciliare.
Noi di Articolo21 abbiamo da tempo al centro la comunicazione sulla sanità a tutela della salute di tutti, se la questione si è riaperta lo dobbiamo ai colleghi che su tutti i media stanno affrontando l’argomento con attenzione e capacità investigativa, e dobbiamo aumentare i nostri sforzi, perché si capisca che su questo terreno si gioca la vita dei cittadini. Il resto sono chiacchere.


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