Le querele bavaglio sono un’onta per la democrazia

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Sono molti i paesi nei quali la libertà di stampa è minacciata, colpita e il diritto all’informazione non è garantito. Sono innanzitutto dittature, regimi autoritari, autocrazie, “democrature”, dove sempre più spesso giornali, radio e tv, siti online vengono chiusi, i giornalisti minacciati, incarcerati. A volte uccisi. Nelle democrazie non siamo certamente a questi livelli. E tuttavia anche nei sistemi democratici, anche nel nostro paese ci sono fatti e segnali che non possono e non debbono essere sottovalutati. La crisi dell’editoria è pesante. Colpisce innanzitutto le piccole aziende editoriali, i giornali locali, ma anche le grandi aziende editoriali, che fanno capo del resto — più o meno tutte — a gruppi economico-finanziari, gruppi industriali. E il Risiko di vendite, trattative, boatos, che ridisegna nuove geografie del potere editoriale, oltre a non essere rassicurante per la piena autonomia dell’informazione, lascia intravvedere un aumento di rischi legati alla precarizzazione della professione e alla tutela dell’occupazione. Questi rischi aumentano in modo esponenziale per organi e testate locali, per tantissimi giornalisti — giovani, freelance — minando alla radice la libertà del loro lavoro, a partire da quello del giornalismo d’inchiesta, e il diritto dei cittadini ad essere informati. Per questo occorre intervenire. Raccogliere appelli e allarmi che, per esempio, anche il recente congresso della Federazione nazionale ha rilanciato. Altre vicende generano inquietudine e minano la libertà di stampa. Iniziative giudiziarie Alcune discutibili iniziative della magistratura (la perquisizione a Domani è l’ultima in ordine di tempo) minacciano la tutela della riservatezza delle fonti. Permangono iniziative giudiziarie contro giornali e giornalisti da parte di personalità del governo, a partire dalla presidente del Consiglio.
O di esponenti politici nei confronti di trasmissioni d’inchiesta, Report su tutte. Sono sempre più frequenti gli attacchi, anche fisici, nei confronti di videomaker, giornalisti, troupe, durante manifestazioni che quasi sempre hanno connotati estremistici di destra o No-vax nel recente passato e anche, nei giorni scorsi, durante iniziative di frange “anarchiche”.Ed è sempre troppo alto il numero dei
giornalisti costretti a vivere sotto scorta perché minacciati dalle mafie, dalla criminalità organizzata, da ambienti neonazisti (come Paolo Berizzi). Ed è in aumento il fenomeno delle querele temerarie, a scopo intimidatorio. Colpiscono per di più giornalisti
investigativi, giornalisti d’inchiesta. E lo scopo è solo quello, chiarissimo, sintetizzato con il termine “querele-bavaglio”.
È anche per questi motivi che come Pd abbiamo rilanciato iniziative legislative su questi temi. A inizio legislatura abbiamo ripresentato in Senato una proposta di legge (Verini, Mirabelli, Rossomando, Bazoli) che cancella innanzitutto il carcere per i giornalisti,
retaggio del Codice Rocco, vergogna di un sistema democratico. E poi introduce paletti e deterrenze per combattere il fenomeno delle querele temerarie. A questa si è aggiunta nei giorni scorsi un’altra importante iniziativa (Martella, Verini ed altri), ancora più incisiva ed organica. Alla Camera sono state depositate iniziative analoghe da esponenti del Pd come Chiara Gribaudo. Anche da destra, nei giorni scorsi, sono arrivate proposte come quella di FdI, che a una prima lettura appaiono rappresentare una sorta di “minimo sindacale” contro il carcere.A incoraggiare la necessità di non perdere ulteriore tempo, di non ripetere i cincischiamenti e — di fatto — gli
ostruzionismi del passato, sono arrivate le parole chiare e forti del presidente Mattarella e quelle del presidente dell’Agcom.
Le proposte di legge contengono, naturalmente, anche diverse modalità di tutela del cittadino effettivamente minacciato, diffamato, offeso nella sua reputazione da articoli, titolazioni, campagne di stampa. Anche queste sono frequenti: macchine del fango, manganelli mediatici, ma anche più banale diffamazione effettivamente compiuta a mezzo stampa. Ed è giusto che, insieme, vengano tutelati il diritto di un cittadino a non essere diffamato e quello della libertà di informazione e del diritto di cronaca. È una battaglia che continueremo a
combattere, auspicando che l’impegno parlamentare si sintonizzi con mobilitazioni e iniziative nel paese, nelle redazioni. Fnsi e Ordine del giornalisti, associazioni come Articolo 21, Ossigeno e Liberainformazione si battono da anni, ogni giorno, per questi obiettivi.
Il cui raggiungimento rappresenterebbe non un successo di categoria, ma un presidio costituzionale di libertà e democrazia.
(da Il Domani)


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