La Meloni alla conquista del Veneto leghista

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La Lombardia è stata la culla della Lega, ma il Veneto è diventato la vera roccaforte del Carroccio. Luca Zaia nelle elezioni regionali del 2020 è stato rieletto governatore del Veneto con un plebiscito di consensi: addirittura il 76.79% dei voti.

Ora anche quella roccaforte leghista, però, non gode più di buona salute. Giorgia Meloni invece va fortissimo: il 4,3% dei voti nelle elezioni politiche del 2018, il 26% in quelle del 25 settembre, il 30% nei sondaggi degli ultimi giorni. Fratelli d’Italia sottrae voti a tutti, ma in particolare alla Lega (nelle elezioni politiche di settembre è crollata all’8,8%, dimezzando i consensi rispetto al 2018).

Il travaso di voti dal Carroccio a Fratelli d’Italia è generale in tutta Italia. Avviene anche al Nord, Veneto compreso. Il movimentismo populista di Matteo Salvini non ha pagato mentre la politica di attenzione di Giorgia Meloni verso i ceti medi e, in particolare, verso quelli produttivi sfonda. Non a caso la presidente del Consiglio e presidente di Fratelli d’Italia ha varato una manovra economica molto attenta alle aziende e ai lavoratori autonomi in grande difficoltà per il caro energia.

In particolare ha dedicato grande attenzione alle aziende del Veneto, una delle regioni più economicamente dinamiche dell’Italia. In un videocollegamento con l’assemblea generale della Confindustria del Veneto est ha scandito: «Se l’industria va bene, allora va anche bene la nazione». Ha ricordato le misure del governo in favore delle imprese. Ha rilanciato un suo motto: «Non disturbare chi produce e rimettere al centro il confronto con i corpi intermedi». Ha rammentato la scelta del governo di destra-centro di rivedere il reddito di cittadinanza visto con ostilità dalle imprese. Va ricostruita «una etica del lavoro».

Fino a poco tempo fa l’interlocutore politico privilegiato delle piccole e medie imprese del Veneto era stato il Carroccio: prima la Lega Nord di Umberto Bossi e poi la Lega per Salvini premier. Adesso Fratelli d’Italia, un tempo quasi assente nell’Italia settentrionale, va al galoppo anche al Nord. La ricetta della Meloni è di una destra moderna, democratica, nazionale, occidentale, responsabile, attenta agli interessi dei ceti medi produttivi. Si contrappone alla destra movimentista, populista di Salvini, un tempo estimatrice di Vladimir Putin.

Di qui la frana elettorale del segretario del Carroccio che allarma Zaia, Fedriga, Giorgetti, uomini dell’ala riformista e centrista del Carroccio. Non a caso Luca Zaia si è distinto dalle posizioni di Salvini. Il presidente della regione Veneto ha lodato l’impostazione federalista di Bossi, antagonista del segretario leghista. Zaia in una intervista al ‘Corriere della Sera’ per il futuro ha indicato la strada dell’autonomia differenziata regionale e del centrismo. Si è detto da «sempre convinto che la Lega debba occupare il centro dello schieramento politico. O pensa che il 77% dei veneti (gli elettori che l’hanno votato n.d.r.) sia di destra?».

Salvini è stretto in una pericolosa tenaglia. Da destra è insidiato dalla Meloni, dall’interno del partito dall’anima centrista e federalista. Probabilmente a febbraio si voterà per le regionali in Lombardia: se il Carroccio perderà la guida della regione più ricca d’Italia presieduta dal leghista Fontana sarà un colpo terribile. Salvini potrebbe essere disarcionato dalla segreteria. Zaia sarebbe una dei papabili alla successione.


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