Perché eravamo nella piazza della pace e chi sono i nostri compagni di viaggio

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Grazie a tutta la folta delegazione di Articolo 21 che, ieri, a Roma, ha marciato contro l’oppressione russa, a sostegno delle vittime ucraine sempre, comunque, dovunque, alla ricerca del negoziato e della pace. Siamo stati in quella piazza perché abbiamo incontrato credenti, non credenti, diversamente credenti che, nei nostri venti anni di vita, avevamo già “abbracciato”, alle marce Perugia Assisi, davanti all’ambasciata russa contro i bavagli di Putin, davanti ai tribunali per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Italo Toni e Graziella De Palo, Daphne Caruana Galizia, e ancora davanti alle rappresentanze di Turchia, Egitto, Gran Bretagna (per Assange), Iran, Siria, Bielorussia, talvolta da soli, più spesso con Amnesty e tante realtà associative. Ma ieri c’erano anche tante ragazze e ragazzi alla loro prima esperienza in piazza. A Roma c’erano tutte e tutti quelli che si prendono cura degli altri, per citare Don Milani, e senza dimenticare le invettive di Antonio Gramsci contro indifferenza e indifferenti.
Abbiamo incontrato scout, religiosi, migranti, profughi, associazioni che, ogni giorno, si prendono cura degli ultimi, dei naufraghi, delle povertà delle fragilità, delle differenze.
Ognuno di costoro, oltre che a testimoniare per la pace, “incarna” e realizza le opere di pace e si batte per la giustizia sociale, ogni giorno, in silenzio, senza esibizionismo di chi antepone l’io al noi.
Spiace vedere e sentire che ci siano commentatori e politici che non abbiano neppure tentato di voler capire e, per citare l’editoriale di pubblicato sulla Stampa di oggi, da padre Antonio Spadaro, e tanto meno ascoltare il grido di pace che si è levato durante il lungo corteo da piazza della repubblica a piazza San Giovanni.
Quella piazza non era un reperto del futuro, ma una prefigurazione del futuro.
Non c’erano solo i reduci, ma diversità e differenze, molte le ragazze e ragazzi che hanno realizzato un’inedita alleanza tra credenti e non credenti lungo il sentiero tracciato da Papa Francesco e condiviso, anche nel Bahrein, dai rappresentanti di altre fedi e da chi non crede e non prega, ma si riconosce nei valori dell’ umanesimo integrale.
Chi avesse voglia di capire davvero, metodo essenziale per condurre corrette analisi politiche e sociali, vedrà che, lungo il corteo, si sono mescolate, quasi fuse,  Acli e Cgil, Cisl e Valdesi, migranti e scout, Sant’Egidio e musulmani, giornalisti e rappresentanti delle Università, comunità di accoglienza e operatori di strada.
Nessun partito riuscirà a metterci sopra un cappello o una bandiera, perché la forza di questa alleanza sta proprio nella molteplicità delle differenze che, invece, di elidersi a vicenda, danno vita ad una nuova sintesi, rappresentata dalla grande bandiera arcobaleno portata dal comitato promotore della marcia Perugia Assisi.
Per usare una espressione evocativa potremmo dire che si sono ritrovati insieme quanti preferiscono i ponti del dialogo, dell’accoglienza, della inclusione ai muri dell’odio, dei respingimenti, delle espulsioni, così care ai rappresentati del sovranismo estremista, alla Bannon tanto per capirci, che tanti estimatori ha anche in Italia.
Si può, ovviamente, dissentire  e criticare questa alleanza, senza tuttavia scadere nella disonestà intellettuale, come purtroppo è accaduto.
Come si fa a paragonare una piazza con oltre centomila persone ad una piazzetta  molto più piccola e identitaria?
Come si fa ad amplificare l’accusa di essere filoputiniani proprio alle donne e agli uomini che hanno alzato la voce contro Putin e i suoi bavagli, quando altri tacevano o plaudivano ad ogni transazione commerciale con chi aveva già eliminato oppositori e giornalisti critici, a cominciare da Anna Politkovskaya.?
Dove erano costoro quando si marciava per la Libia, il Libano, il Congo, l’Iraq, l’Afghanistan, la Turchia, i curdi, per fare solo qualche esempio?
Bisogna sempre stare dalla parte delle vittime, degli ultimi, dei profughi, anche in Italia,e non solo a giorni alterni, a seconda dei regimi.
Chi, anche nei media, non vuole raccogliere “il grido della pace e del disarmo nucleare”, faccia pure, ma presto scoprirà che la nuova alleanza andrà avanti, nella politica, nella società, nelle periferie, nelle scuole, nelle università, nei nuovi movimenti contro le povertà, prenderà corpo, a prescindere da oscuramenti, deformazioni, demonizzazioni.
Prossimo appuntamento il 25 aprile antifascista, e noi di Articolo 21 ci saremo, come sempre da venti anni a questa parte.

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