L’inutile attesa di risposte giudiziarie

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Desolante senso di frustrazione. Questo si prova nel constatare che il sacrosanto diritto ad avere verità e giustizia sancito per ogni cittadino italiano dalla Carta Costituzionale viene mortificato, vanificato da provvedimenti – che saranno pure tecnicamente ineccepibili – ma che alimentano dubbi, perplessità, paure.

Per spiegare a cosa mi riferisco, voglio rapidamente elencare alcuni dei provvedimenti più clamorosi succedutisi negli ultimi mesi. Comincio da quello disposto dalla Corte Costituzionale contro la richiesta di effettuazione del referendum abrogativo dell’articolo 579 del codice penale che definiva come ‘omicidio del consenziente’ quella che con una norma da popolo civile e sensibile dovrebbe chiamarsi eutanasia legale. Respinta quella richiesta, noi ci troviamo ancora a fare i conti con una norma indegna della stessa società democratica descritta dalla Costituzione.

Secondo caso in ordine di tempo: l’assassinio a Mogadiscio di Hashi Oman Hassan che dopo aver scontato da innocente 17 anni di carcere, muore senza poter dare un ulteriore contributo all’accertamento della verità. Incastrato da ignobili depistaggi, dopo aver testimoniato di aver assistito all’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Cosa ne sarà di quella vicenda complessiva, dopo ben 28 anni? Dopo che i battaglieri genitori di Ilaria sono morti senza avere giustizia?

Terzo Caso: la Cassazione blocca ogni nuovo processo per cercare di risalire agli assassini di Giulio Regeni. Certo, anche qui si dirà che sul piano tecnico-giuridico forse non c’erano alternative. Ma quale dignità internazionale, come cittadini italiani, possiamo rivendicare se non siamo in grado di affermare con forza che non uno di noi, a maggior ragione uno studente universitario, può essere impunemente sequestrato, torturato, ucciso da persone delle quali, per di più, si conosce l’identità e il ruolo svolto? Quale tutela abbiamo dalla Carta Costituzionale se non abbiamo adeguate garanzie all’estero?

Quarto caso: la sentenza per l’assassinio di Serena Mollicone, avvenuto ben 21 anni fa. Anche qui non serve entrare nel merito di quanto deciso dai giudici, ma è lecito, da cittadini, porsi un’altra domanda: se non son serviti due decenni a scoprire gli assassini di una povera ragazza, che fiducia si può avere in uno Stato latitante? Di chi la responsabilità? Come sono state condotte le indagini? Come è possibile che dalla montagna di documenti proposti dall’accusa si possa uscire con una sentenza che scagiona completamente, ‘per non aver commesso il fatto’ tutti gli imputati? Se il garantismo vale per chi è sotto accusa, perché non deve essere garantita giustizia e verità alle vittime e ai loro familiari?

De tutte queste considerazioni nasce il mio ‘desolante senso di frustrazione’, da cittadino che crede fermamente nei valori messi nero su bianco dai Padri della Patria nella Costituzione.


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