25 aprile a Milano: un corteo grande, ma i vari spezzoni sono stati incapaci di parlarsi

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Dipende da dov’eri e qual era il tuo scopo. Se eri vicino allo spezzone del corteo con la Brigata Ebraica e un gruppo che sventolava le bandiere israeliane allora tornerai a casa dicendo che questo 25 aprile è stato tutto concentrato sullo scontro inconciliabile tra la comunità palestinese e il variegato mondo ebraico. Perché insulti, spintoni, minacce e provocazioni ce ne sono stati, eccome.

Se – come chi scrive – ha provato a vederlo sfilare (quasi) dall’inizio alla fine, allora questo corteo milanese prende una sfumatura diversa. Più atomizzato, formato da pezzi che tra loro a volte non comunicavano, con una grande prevalenza di solidarietà ai palestinesi da parte dei più giovani, più ancorato ai valori tradizionali della Resistenza da parte dei gruppi organizzati e dai manifestanti un po’ più anziani.

Compito difficile quello del neo presidente provinciale dell’Anpi Primo Minelli, che ha sostituito Roberto Cenati, che non riusciva più a reggere la tensione proprio sul massacro israliano di Gaza. Da buon sindacalista ha fatto trattaive ad oltranza, ha provato a tenere dentro tutto sotto il cappello dell’omaggio alla Repubblica antifascista, senza scomuniche per nessuno. Il risultato è stata una manifestazione imponente, consapevole dell’eccezionalità del momento – sia a livello italiano che internazionale – ma anche sfilacciata. Temi come la censura – applaudita la delegazione dell’Usigrai – come gli attacchi alla libertà delle donne, la valanga in arrivo del premierato sono rimasti in secondo piano. E’ inutile girarci intorno se non viene rimosso il macigno della guerra di Gaza, questa unità antifascista rimarrà una buona intenzione.


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