Franco Basaglia a 40 anni dalla sua scomparsa: “La libertà è terapeutica”

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Sono trascorsi 40 anni dalla scomparsa di Franco Basaglia avvenuta il 29 agosto del 1980 nella sua casa del sestiere di San Marco a Venezia dove si spense a soli 57 anni per un tumore al cervello.  40 anni dopo la legge 180 denominata “legge Basaglia” da lui fortemente voluta che decretava la chiusura dei manicomi che fu scritta materialmente dallo psichiatra e deputato Bruno Orsini come ha scritto Gian Antonio Stella sulla pagina della Cultura del Corriere della Sera del 17 agosto scorso in cui cita anche la biografia dello psichiatria “Dottore dei matti” di Oreste Pivetta. Considerato il più influente psichiatra del ventesimo secolo, Basaglia fece discutere per la sua caparbia volontà di aprire le porte degli ospedali psichiatrici considerati come luoghi dove l’essere umano subiva ogni forma di privazione molto più simili a carceri che istituzioni deputate alla cura delle malattie mentali. La sua fu una vera e propria rivoluzione culturale ancor prima che sanitaria. E il suo pensiero a riguardo lo fa comprendere bene : «La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia». Esimersi da questo ragionamento risulta difficile se non controproducente alla luce di quanto ancora non sia stato fatto per migliorare le condizioni di vita delle persone in sofferenza. Sergio Zavoli nel suo reportage per Tv7 nel 1969 “ I giardini di Abele” intervistò Basaglia che a quel tempo dirigeva l’Ospedale psichiatrico di Gorizia dove erano state tolte le recinzioni e aperti i cancelli, una decisione epocale che trasformava un luogo chiuso in uno spazio aperto senza misure coercitive.

Il giornalista chiese: «Le interessa più il malato o la malattia?». La risposta dello psichiatra fu categorica: «Decisamente il malato». Su Rai Cultura alle 20.30 in “Passato e Presente”, Paolo Mieli e Vinzia Fiorino racconteranno i venti anni di rivoluzione che la psichiatria italiana subì con Basaglia ricordando anche l’istituzione del gruppo di studio e lavoro “Psichiatria democratica” fondato insieme alla moglie e sua collaboratrice Franca Ongaro autrice di testi sulla psichiatria moderna.

Sul Fatto Quotidiano di oggi sabato 29 agosto Franco Rutelli (psichiatra e collega di Basaglia al suo fianco nella riforma e successore del suo ruolo all’ospedale di Trieste dopo la sua morte dal 1979 al 1995) rievoca quanto fu fatto allora con delle interessanti riflessioni: «Le lotte sociali di quegli anni (Basaglia aveva iniziato la sua carriera a Gorizia) accompagnavano la lucida critica radicale a tutte le istituzioni totali di cui il manicomio rappresentava forse la forma più caricaturale. Alla fine degli anni Cinquanta c’erano centomila persone nei manicomi italiani. La cultura di questo Paese registrò un cambiamento reale». Rotelli fa anche una constatazione di come da allora l’impegno politico non sia stato così favorevole per il reinserimento dei malati nella società: «Ma se poi non riusciamo a citare il nome di alcun presidente di Regione che in questi decenni si sia segnalato per l’attenzione nell’organizzazione di politiche e di servizi per la salute mentale, registrare tutte le inadempienze nell’implementazione di quella legge è conseguenza inevitabile». Applicare la legge 180 senza prevedere delle soluzioni alternative efficaci con la costituzione di servizi e investire risorse economiche e umane non può che portare al fallimento delle politiche sanitarie senza un Welfare capace di accogliere i malati senza che questi si sentano un peso per la società. Rai Storia alle 21.10 trasmetterà il film “La seconda ombra”, proposto per il ciclo Cinema Italia. La rievocazione di quando Basaglia convocò tutti i pazienti dell’Ospedale di Gorizia nel parco e chiese loro di abbattere il muro di cinta che separava le loro vite dalla realtà esterna della città. Un gesto altamente simbolico che doveva permettere ai degenti di sentirsi più liberi come lui stesso affermava: «La libertà è terapeutica». A soli 25 anni Franco Basaglia si era laureato in Medicina e Chirurgia alla facoltà di Medicina di Padova dove si specializzò in “Malattie nervose e mentali”. Ottenne la libera docenza in psichiatria ma la carriera universitaria non è era il suo obiettivo preferendo andare a lavorare in ospedale. A Gorizia permise la nascita di laboratori dando la possibilità ai pazienti di poter lavorare. Acconsentì ai pazienti di usufruire di permessi per incontrare parenti ed amici. Scelte che furono viste dalla psichiatria istituzionale come delle azzardate concessioni e fu per questo aspramente criticato.

Tra le tante iniziative per ricordare la sua figura a Trieste il quotidiano Il Piccolo allegato al giornale il volume “Collana 180 (tra parentesi) La vera storia di un’impensabile liberazione” dedicato a Franco Basaglia è pubblicato nel 2019 in occasione del quarantennale della Legge 180 tratto da un dialogo teatrale tra Peppe Dell’Acqua (suo allievo e poi storico collaboratore di Basaglia) e il giornalista conduttore radiofonico Massimo Cirri per la regia di Erika Rossi. Un percorso a ritroso di tutta la vicenda umana e professionale di Basaglia, visto con gli occhi di chi ha potuto stare accanto a lui e testimoniare il suo incessante sforzo di far progredire le condizioni di vita dei malati con la decisione storica dell’apertura – simbolica quanto reale – del manicomio di Trieste con la sfilata del Marco Cavallo per le vie di Trieste. L’eredità di Franco Basaglia è un lascito su cui tutta la società e chi si assume la responsabilità di gestire la salute dei cittadini è ancora da mettere in pratica nella speranza che non venga dimenticata e smarrita.

 

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www.teche.rai.it/2020/08/franco-basaglia-uno-psichiatra-rivoluzionario

www.teche.rai.it/2018/05/40-anni-entrava-vigore-la-legge-basaglia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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