Gli effetti collaterali della morte del Generale Soleimani

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“Preparate le bare per i vostri soldati” é questa la prima minaccia da parte dell’Iran agli Stati Uniti dopo l’uccisione del Generale Qasem Soleimani avvenuto all’aeroporto di Baghdad nella scorsa notte. Soleimani era appena arrivato con un volo dalla Siria ed era stato scortato all’uscita, quando l’auto in cui era a bordo é stata centrata da un missile lanciato durante un raid aereo che ha visto impiegati anche droni. Lungi da voler definire l’Iran un modello di democrazia e libertá, l’uccisione di Soleimani avrá inevitabilmente effetti collaterali in tutto il Medioriente e la reazione dell’Iran non tarderá ad arrivare portando con sé morte e desolazione.

Sono stati dichiarati 3 giorni di lutto nazionale e da oggi Qasem Soleimani é il martire dell’Iran. La carriera del generale iraniano era cominciata subito dopo la rivoluzione del ’79. A ventidue anni, figlio di una famiglia contadina della provincia di Kerman, Soleimani si era arruolato con le Guardie rivoluzionarie islamiche, nate per proteggere la repubblica degli ayatollah. Gli anni della guerra con l’Iraq, tra il 1980 e il 1988, avevano aiutato ad accrescere la fama di questo soldato, capace di infiltrarsi nelle file nemiche per portare a termine operazioni ad alto rischio, al punto da diventare, negli anni Novanta, il comandante del gruppo d’elite delle Quds Force, la squadra di super agenti impiegata per operazioni segrete all’estero. Il raid nella quale ha perso la vita é partito la scorsa notte su decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump provocando otto vittime totali. Tra queste, anche Abu Mahdi al-Muhandis, il numero due delle Forze di mobilitazione Popolare (Hashd al-Shaabi), la coalizione di milizie paramilitari sciite pro-iraniane attive in Iraq. Proprio tre giorni fa le milizie sciite avevano attaccato la sede diplomatica statunitense nella capitale.

Come riporta Antonello Sacchetti su Diruz.it in una pagina dedicata al Generale Soleimani “di lui si conosce la sua figura come comandante dell’Armata Qods, l’unità dei pasdaran iraniani dedicata alle azioni oltre confine. Nel 2015 il suo nome era venuto alle cronache in vari articoli dei media occidentali sulla crisi scatenata dall’avanzata dell’ISIS in Iraq. Sarebbe stato lui l’uomo forte di Teheran sul territorio iracheno, lui, l’unico in grado di gestire una crisi così delicata.”

La sua formazione politico-militare avvenne negli otto lunghi anni della “guerra imposta” contro l’Iraq. All’inizio del 2015 Soleimani cominció a conoscere un’improvvisa popolarità. I media di tutto il mondo si interessarono a lui e si cominció a parlare di una sua candidatura alle presidenziali del 2017. Non venne eletto nel 2017 su sua decisione, ma nuovamente il suo nome iniziava a girare per le prossime elezioni presidenziali. Nessuno puó sapere cosa sarebbe accaduto se non fosse stato ucciso.

In molti oggi festeggiano la sua morte altri la piangono disperatamente. Per alcuni era considerato un terrorista colui che aveva esportato il khomeinismo al di fuori del paese, per altri invece era colui che era riuscito a sconfiggere l’Isis ed ha garantire sicurezza ed equilibrio all’interno dell’Iran. Piú volte, mi hanno raccontato, durante la mia permanenza nella Repubblica Islamica che se quel paese non era soggetto ad attacchi terroristici come i paesi confinanti l’Iraq, l’Afhganistan, la Siria, lo Yemen, il merito era della Guida Suprema Khamenei e del suo piú valoroso uomo il Generale Soleimani.

Quanto accaduto accrescerà le tensioni in tutto il Medio Oriente che da stanotte non sará mai piú lo stesso.

“Gli Stati Uniti – ha dichiarato il Ministro degli Esteri Zarif – si assumeranno la responsabilitá di questo avventurismo disonesto” mentre il Presidente Hassan Rouhani dichiara vendetta: “La grande nazione dell’Iran si vendicherà di questo crimine atroce.”

Le conseguenze di questo attentato saranno imprevedibili. Da una parte Trump, con questo attacco tra l’altro senza avuto il consenso del Congresso, potrebbe avere svantaggi nelle sue prossime elezioni qualcuno invece crede sia una srategia ben studiata volta a distogliere l’attenzione sull’impeachment che lo vede coinvolto. Probabilmente senza ben considerare le conseguenze che questo assassinio sta scatenando e non solo in Iran. L’escalation infatti potrebbe portare molti giovani soldati americani in un conflitto che inesorabilmente vedrá vittime.

In Iran invece, paese giá fortemente destabilizzato dal malcontento interno, che ancora piange i morti delle scorse proteste, si potrebbero avere due reazioni ben distinte. Da una parte il paese si potrebbe compattare verso un nemico comune gli Stati Uniti appunto, dall’altra fomentare ancora piú la popolazione contro il Regime in vista di un aiuto dall’esterno.

In entrambe le situazioni abbiamo davanti a noi un tristissimo futuro per quel che concerne il Medioriente auspicando che l’Europa faccia la sua parte e provi a mediare in un conflitto che ci vedrebbe partecipi nonostante tutto.


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