Venezia. Distruzione e sofferenza. Materiale e umana

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Il dramma di Venezia, perché di dramma si è trattato, è sulle prime pagine di tutti i giornali internazionali . Cinque miliardi e mezzo spesi per il Mose che doveva difendere la città e che, mentre sono passati gli anni, le scadenze annunciate, non è ancora arrivato a completamento. Abbiamo realizzato il 93% dell’ opera. Dicono. Ora bisogna finirlo. Occorrono altri soldi. Quelli passati sono andati in lavori e in corruzione. La storia è nota. Inutile tornarci sopra. Almeno per il momento. E tuttavia, per capire la rabbia di quel che è successo, l’enormità di quanto è avvenuto bisogna esserci stati durante quelle ore terribili, mentre il capitano del vaporetto diceva al marinaio che non sapeva se riusciva a tornare a riva. Mai la città aveva visto un vento così furioso. Raffiche da 100 Km. all’ ora. Dicono. 140/150 dicono altri. Mai s’era vista la laguna diventare un mare violento, agitato. Una forza capace di sollevare un vaporetto e depositarlo sulla riva, di inabissare nello stesso tempo un grande motoscafo delle linee pubbliche. In confronto la paura dell’ edicolante che mi vende i giornali ogni mattina sembra poca cosa. Per fortuna ha capito che non avrebbe potuto resistere, che se non avesse trovato una soluzione il vento, la burrasca marina avrebbero buttato in acqua lui e la sua edicola. Ha avuto la prontezza di aprire la porta, lasciare che l’ acqua entrasse, inzuppasse libri e giornali, dando peso e stabilità all’ edicola, perdendo tutto, salvando se stesso e la sua edicola.
Un’ acqua alta e violenta che ha colpito tutta la città. L’acqua entrava nelle case da sotto il pavimento invadendo abitazioni, piccoli sudi professionali, laboratori artigianali. Molti di loro, specialmente le persone anziane, i pensionati, i poveracci dal reddito modesto, si sono visti distruggere i ricordi di una vita, gli oggetti a cui avevano tenuto, nei quali si ritrovavano. Sono quelli che saranno meno scaltri nell’ ottenere rimborsi dallo Stato, che si trovano a ripartire senza avere alcuna possibilità di recupero.
Bisogna conoscere Venezia per capire. Abituati a convivere con una certa dose di acqua alta, quando sentono le sirene che l’ annunciano, mettono le cose che vogliono salvare nei piani alti degli scaffali. Ma quest’ acqua così alta, che tutto ha raggiunto, ha distrutto i frigo di bar, ristoranti, negozi. Si possono sollevare, mettere in alto le scatole, gli oggetti, non i frigo. Una piccola Coop aveva cambiato i frigoriferi appena la settima scorsa, l’acqua alta entrando ha raggiunto i motori e distrutto quei frigo sui quali avevano tanto investito.
Sui danni inferti alla Basilica di San Marco, alla storia della città giustamente ne parlano tutti con giusta evidenza. Ma accanto a quei danni c’è questa sofferenza, questa distruzione che non può definirsi minore.


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