Ricordando il signor Maigret

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Sono passati trent’anni da quando il signor Maigret, al secolo Georges Simenon, ha avuto la pessima idea di dirci addio.
Trent’anni ed è impossibile quantificare la mole delle sue opere, semplicemente immensa, in grado di spaziare da un genere all’altro, anche se la sua figura e la sua epica saranno sempre, indissolubilmente, legate al mitico commissario che Gino Cervi ha reso immortale e al giallo che seppe rivoluzionare grazie all’intuizione dell’analisi psicologica dei personaggi. E così, dalla ricerca dell’assassino tipica del giallo inglese, negli anni Trenta si affacciò sulla scena il dramma dell’assassino introdotto da Simenon, il fondo dell’anima dei protagonisti di un intreccio di sangue che univa il carnefice alla vittima e andava al di là della ricerca di un movente o della mera individuazione di un colpevole.
Dopo Simenon, il giallo ha preso a parlare francese ed è stato molto difficile condurlo altrove, tanto che in Italia, pur avendo degli ottimi giallisti, si tende a parlare più di noir che di giallo inteso in senso classico.
Il fenomeno belga, ovviamente, non ha avuto eredi. Impossibile stare al passo, scrivere fino a ottanta pagine al giorno, riprodurre le stesse atmosfere dense e profonde, tratteggiare i personaggi con la medesima accuratezza, regalare ai lettori emozioni così forti e il desiderio ardente di mandar giù un romanzo dopo l’altro, proprio come il nostro era solito fare con il fumo e gli alcolici.
Aveva non pochi vizi, va detto, a cominciare dalle donne, al punto che arrivò a teorizzare che fare sesso fosse per lui come respirare, un modo per riprendere fiato e trovare nuova ispirazione. Ha frequentato, pare, circa ottomila prostitute, senza mai vergognarsene e senza farsene un cruccio, il che non sminuisce assolutamente la sua grandezza ma, al contrario, ne attesta la “follia”, l’unicità da cui scaturiva il genio creativo che tutti abbiamo ammirato e continuiamo ad ammirare.
Georges Simenon se ne è andato all’età di ottantasei anni a causa della recidiva di un tumore al cervello che, in precedenza, era riuscito a sconfiggere. Ci ha lasciato un’eredità sterminata e capolavori indimenticabili che si leggono, si rileggono, si custodiscono, si collezionano e non stancano mai, il che capita solo a quei pochi, pochissimi autori destinati all’eternità.

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