Luciana Castellina, la comunista ribelle 

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Si è definita a ragione, in un’intervista rilasciata a Robinson (inserto culturale di Repubblica), una “comunista ribelle”, e non c’è dubbio che Luciana Castellina, giunta alla ragguardevole età di novant’anni, sia questo e molto altro ancora.
Non aveva ancora quattordici anni quando, il 25 luglio 1943, si trovò in vacanza a Riccione a giocare una partita di tennis con Anna Maria Mussolini, la figlia del Duce e di donna Rachele, prima che giungesse la fatidica notizia dell’arresto dell’uomo che per oltre vent’anni era stato il padrone d’Italia e la vita di entrambe cambiasse per sempre.
Luciana e Anna Maria erano state compagne di classe alle scuole medie, amiche, probabilmente ignare di ciò che stava capitando intorno a loro, fino a quel giorno che cambiò per sempre le vite di entrambi, stravolgendole e modificando radicalmente le sorti del Paese.
Fu in quella stagione d’abisso che la compagna Castellina scoprì la passione per la politica, appassionandosi al comunismo e tenendo un diario che qualche anno fa ha visto la luce con un titolo assai significativo: “La scoperta del mondo”, a testimonianza di quanto quelle vicende abbiano segnato da vicino e nel profondo la generazione che le visse.

Luciana Castellina è stata una delle dirigenti comuniste più lungimiranti, attive e appassionate, tanto che ancora oggi, a novant’anni, non perde occasione per scendere in trincea, ad esempio recandosi in Grecia a sostenere la causa di Alexis Tsipras e della sinistra ellenica in lotta contro la prepotenza schiavsta della Troika e l’assenza di un’Europa sbagliata.
E anche sul piano sentimentale è sempre stata piuttosto peperina, come dimostra il suo matrimonio con Alfredo Reichlin, da cui ha avuto i figli Lucrezia e Pietro, ma soprattutto la sua infinita passione per Lucio Magri, con cui ha condiviso l’epopea del gruppo del Manifesto, figlia del Sessantotto e degli sconfinati entusiasmi di una stagione irripetibile. Eppure, in nome di una lucidità d’analisi e del rigore critico proprio di una certa scuola comunista, non esita oggi a criticare aspramente i reduci di quei giorni, la loro resa morale, il loro essere divenuti lagnosi, mai al passo coi tempi, sempre nostalgici di se stessi e di un mondo che, a ben vedere, era tutt’altro che esaltante.
La compagna Castellina non è donna da cerimonie o da anniversari: è una che prende, parte e combatte; è una con la valigia sempre pronta, lo zaino sempre in spalla, un ardore giovanile mai domo, un libro sempre fra le mani, una capacità di scrittura fuori dal comune, una visione politica invidiabile e una potenza espressiva della quale, purtroppo, sembra essersi perduto il seme.
Non a caso, proprio in quell’intervista rilasciata a Robinson, la sua attenzione si è concentrata sulla crisi della democrazia, sulla perdita di senso del concetto di rappresentanza, sullo svuotamento dall’interno dei parlamenti, sulla radice internazionale di tutto ciò, sul fatto che dagli anni Settanta sia stato contrastato il ruolo della politica come guida delle dinamiche mondiali, e in particolare di quelle economiche, e su ciò che questa decisione ha comportato per miliardi di persone, fino a trasformare l’Occidente in un campo d’Agramante, con la progressiva scomparsa dei diritti e una messe di giovani precari o senza lavoro che vagano senza una meta alla disperata ricerca di se stessi.
Luciana Castellina ci restituisce ogni volta il senso dello stare insieme, la nobiltà delle parole, la limpidezza dei significati, la bellezza della condivisione ideale e la speranza di una nuova epoca di impegno comune, continuando a credere, con un coraggio che sfida l’ingenuità, nel miraggio di una società migliore.
Del resto, senza utopie non ha più senso nulla, tanto meno il comunismo, le sue lotte, le sue passioni e la sua evoluzione a braccetto con la storia, recuperando in parte Marx e in parte il Gramsci della piena maturità. A tutto ciò, la comunista ribelle ha aggiunto l’eresia, il che fa di lei un moderno chierico vagante alla costante ricerca non solo della sinistra ma, più che mai, di un principio di umanità e di collettività in cammino. Il viaggio continua.

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