Livio Berruti e l’Italia che volava

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Auguroni a Livio Berruti e ai suoi ottant’anni di gloria!
Era il 1960, il tempo del boom e della speranza, quando l’Italia spiccava il volo e si lasciava definitivamente alle spalle le sofferenze e la miseria del dopoguerra. Ed erano lontani, in quei giorni di sogni e di record, anche i disordini e le violenze che avevano insanguinato l’estate, quando il ministro degli Interni Spataro aveva autorizzato la celebrazione di un congresso del MSI a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, scatenando la furiosa rivolta dei camalli.
Erano lontani gli scontri e i morti, le cariche della polizia a cavallo a Porta San Paolo e le cinque vittime di Reggio Emilia.
Era caduto il governo Tambroni e il Paese stava imboccando la strada che l’avrebbe condotto alla nascita del centrosinistra, grazie all’intesa fra la sinistra democristiana e il PSI di Nenni. Una democrazia che includeva, dunque, che ampliava i propri confini e allargava i propri orizzonti, una gioia che investiva tutti e forniva prospettive nuove, schiudendo scenari mai visti prima e rendendo possibile ciò che fino a pochi anni prima nessuno, a parte pochi utopisti, riusciva nemmeno a immaginare.
Berruti, ventunenne torinese, studente di Chimica, vinse correndo i 200 metri in 20 secondi e 5 millesimi, portando l’Italia sul tetto del mondo, in una Roma d’incanto, con il villaggio olimpico aperto a tutti e una felicità tangibile che coinvolgeva ogni settore della società.
Era l’Italia che cresceva a vista d’occhio, l’Italia in cui le fabbriche aprivano e anche l’operaio poteva finalmente sognare di avere il filgio dottore, l’Italia della piena occupazione, del benessere, delle estati interminabili e della rinascita. Era l’Italia che a breve sarebbe stata alfabetizzata dal maestro Manzi e si sarebbe innamorata delle gemelle Kessler, innamorandosi nel frattempo di un giovane pugile di nome Cassius Clay, non ancora Mohammed Alì, e di una giovanissima freccia d’ebano di nome Wilma Rudolph, adorata dallo stesso Berruti e di cui ricorre purtroppo il venticinquesimo anniversario della scomparsa.
Berruti volava in un’Italia protagonista, rispettata a livello internazionale e alla vigilia di straordinari cambiamenti che avrebbero agevolato l’ascesa di una nuova generazione, tuttora al centro della scena grazie alle condizioni irripetibili di cui beneficiarono in quegli anni.
Nessuno si sentiva escluso, in quell’Italia giovane e combattiva, e le Olimpiadi erano l’emblema del cambiamento, della svolta, della positività e di una riscossa che accomunava tutte le classi sociali.
Oggi di quello spirito, di quella meraviglia e di quello sguardo costantemente rivolto al futuro, con la sua radiosa spensieratezza, non è rimasto nulla, se non il ricordo di quel ragazzo che correva felice nel vento accompagnato da un volo di gabbiani, verso una gloria destinata all’eternità.

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