Provare risentimento è come bere veleno e sperare che ciò uccida il nemico

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Ho scelto di prendere la citazione, non a caso pronunciata da Nelson Mandela. Il Sudafrica post-apartheid dovette fare i conti con decenni di abusi, violenze, torture. La grandezza di quello che riuscì a realizzare Mandela è stata l’elevazione del perdono a rito collettivo. Torturatori e vittime si trovarono davanti ai Trubunali del Perdono. Ai torturatori fu chiesta solo l’ammissione delle proprie colpe davanti alle vittime. Quello bastava per un’assoluzione.
Quella indimenticabile (e forse unica) esperienza non è tanto importante in per una riflessione sul risentimento. Nel caso del Sudafrica c’era molto più di “semplice” risentimento. Mi preme, invece, sottolinare come in quel caso si realizzò un’alchimia politica, etica e giudiziaria che fece diventare il perdono un sentimento collettivo.

Non esiste, ovviamente, un’epidemiologia del risentimento. Ogni tempo storico e condizione culturale ha avuto persone che hanno coltivato risentimento. Certo, alcune congiunture storiche ed economiche lo hanno alimentato e sviluppato. Con una certa forzatura si potrebbe semplificare che c’è stato sempre un popolo, più o meno numeroso, di persone che coltivavano questo sentimento. Qual è la soglia di guardia? La definisce la comunicazione sui social. La definisce il rapporto perverso di molta, o quasi tutta la politica, che -se non contribuisce ulteriormente (e strumentalmente) ad alimentare il risentimento-, se ne alimenta. Trova bussola. Orienta ed è primariamente guidata. Nella definizione delle priorità. Nella scelta degli obiettivi. Nei linguaggi.

Che la soglia di guardia sia stata superata ce lo restituisce l’indagine CENSIS. Ma il superamento della soglia di guardia, prendendo a prestito le parole di Mandela, non “uccide il nemico”. Si dirige e viene attivamente indirizzata verso l’Altro. Verso chi fugge da guerre e violenze. Verso chi fugge dalle povertà.

Il nemico è quello che, prima gli Indignados in Spagna e poi Occupy Wall Street negli USA, hanno indicato. Il nemico è quel 1% dell’umanità che detiene più di un terzo della ricchezza globale. E spesso senza alcun merito. Maindicare quei due movimenti non prefigura necessariamente una soluzione. Gli Indignados, per bene che sia andata, hanno lasciato Podemos alla Spagna (comunque, apprezzabile). Occupy Wall Street ha, al più, prodotto la candidatura perdente alle primarie di Bernie Sanders. Ognuna delle due storie meriterebbe più spazio e maggiore riflessione. Ma non è questo che mi interessa in questo momento. Mi interessa parlare del veleno che non ammazza il nemico. Anzi fa esattamente l’opposto. Alimenta il nemico e lascia ancora un più sordo risentimento.

Si dice, un come boutade, che ormai l’unica opposizione è quella di Papa Bergoglio e di Famiglia Cristiana. La boutade non fa giustizia del messaggio del Pontefice, ma non fa giustizia nemmeno a chi silenziosamente, ma attivamente, resiste al veleno che corrompe l’anima del Paese. Ho citato quella “opposizione” solo per ricordare che ogni opposizione avrà speranza solo se non sarà contro qualcosa. L’etica e la testimonianza dell’oppositore vieneprima delle ragioni dell’opposizione.

Ascoltate l’altro. Re-imparate a sorridere. Guardate oltre. Ricordatevi le ragioni dell’altro. Venerate la legalitá. Spogliatevi dalle appartenenze. Non rinunciate alla complessità del reale. Pensate indipendentemente. Rimboccatevi le maniche. Spalate la neve dalle strade. Tollerate inflessibilmente. Leggete. Aprite la mente e lo sguardo al mondo. Fate religione del fare per primi e non del mostrare. Non cercate carismatici cantastorie. Siate sommessamente carismatici. Siate attori e non spettatori o tifosi.

Rispettate l’altro. Testimoniate. Perdonate. Non è un breviario dell’acquiescenza. Vuole essere un manifesto della rivolta. Della rivolta contro il veleno del risentimento.

Credits foto Mikhail Evstafiev, Sarajevo, 1992 (Getty Images).


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