La bambina ovunque

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La gravidanza raccontata da un uomo in: “La bambina ovunque”, di Stefano Sgambati, arrivato da poche settimane in libreria con Mondadori (137 pagine, 18 euro). Non ci sono avvisaglie, non ci sono variazioni di peso o di umore per gli sbalzi ormonali, non c’è un solo segnale che faccia presagire lo tsunami in arrivo: la nascita, e cioè quella condizione per la quale, d’improvviso, cessi di essere figlio e diventi genitore. La donna il cambiamento lo vive, l’uomo no, lo subisce.

«E allora, padre sei pronto? Tua moglie avrà il latte? Saprà allattare? Le insegnerai tu? Come si individua il pediatra? Come imparerai a fidarti di ciò che dirà? Come e dove si affitta un tiralatte? E’ vero che i neonati possono scambiare il giorno con la notte?» Sono queste, e mille altre, le domande che si pone l’autore (classe ’80), con all’attivo già due saggi e un romanzo dal titolo “Gli eroi imperfetti” (Minimum Fax, 2014).

Il protagonista del racconto è Stefano, un romano trapiantato a Milano, a pochi mesi dalla nascita della figlia, che vive la gravidanza della moglie lungo un percorso travagliato: quello di una madre che non riesce a diventare tale. Il romanzo si snoda tra visite mediche, analisi di laboratorio ed una fecondazione assistita. In esso è palese il senso di smarrimento di un “quasi” padre, che vive nell’attesa di questo evento. Un’attesa che appare essa stessa una sorta di malattia, in cui tutto appare come un nemico: «allora la facevo facile, ma un’attesa simile è una malattia in cui diventa nemico tutto».

E in tutta questa storia chi è il vero protagonista? Certo non il quasi padre, condannato ad un ruolo secondario, da mera comparsa, da semplice spettatore, forse inutile. E’ in tale veste che parteciperà al susseguirsi dei vari eventi, seduto nelle diverse sale d’aspetto. Di lui nessuno si preoccupa, quasi fosse invisibile.

E’ così che Stefano, consapevole del ruolo secondario avuto in questa storia, che decide di raccontarla, con ironia, commozione, sagacia.


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