Kenya, rapimento di Silvia Romano: quattordici arresti

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Quattordici persone sono state arrestate in relazione al rapimento della giovane volontaria della onlus Africa Milele. Due le piste seguite dagli investigatori: un’operazione compiuta da Al Shabaab, una milizia somala di terroristi islamici o un atto di “criminalità comune”

 

Quattordici persone sono state arrestate in relazione al rapimento di Silvia Costanza Romano in Kenya. Farebbero parte del commando che ha portato via la ragazza. Le piste seguite dagli investigatori sono due: un’operazione compiuta da Al Shabaab, una milizia somala di terroristi islamici che usa rapimenti e sequestri di stranieri come fonte di finanziamento; oppure un atto di “criminalità comune”. Un’ipotesi, la seconda, che sembra prendere sempre più credito dopo l’arresto del gruppo.

Un’azione violenta. La 23enne, volontaria della onlus Africa Milele, è stata rapita a Galana Kulalu, villaggio di Chakama, nella contea di Kilifi. La zona finora non è stata considerata tanto pericolosa da essere sconsigliata ai turisti, ma la dinamica raccontata dai media locali è estremamente violenta. Sarebbero stati almeno in otto, infatti, a sparare con AK47 in un mercato pieno di gente, il Chakama Trading Center. Per poi dirigersi verso una struttura della onlus e chiedere della «ragazza bianca», come riferito all’Associated Press da Ronald Kazungu Ngala, 19 anni, che ha visto la ragazza per ultimo.

Problemi di sicurezza. Silvia è stata portata via a un’ottantina di km da Malindi, nota per le sue spiagge. Ma anche per essere uno dei più importanti centri della contea di Kilifi, che qualche problema di sicurezza interna lo sta affrontando da anni. A contendersi il territorio, infatti, ci sono diversi gruppi etnici della zona, che si sommano alla presenza dei terroristi. E ad aggravare la situazione, in molti casi, ci si mette il governo del Kenya, che combatte il terrorismo con esecuzioni di musulmani senza un regolare processo.

Al Shabaab. Il gruppo terroristico si è infiltrato a Kilifi nel 2011, come reazione al sostegno offerto dal governo kenyota a quello somalo di transizione proprio nella lotta al terrorismo. Ed è da allora che i rapimenti sono diventati fonte di guadagno per Al Shabaab.

Gli ex terroristi. Nella contea di Kilifi si trovano anche molti “returnees”, ossia ragazzi che hanno lasciato l’addestramento dei terroristi in cambio di amnistia e un tempo di riabilitazione. In alcuni casi, però, non fila tutto liscio e questi giovani tornano a nascondersi per paura che le autorità non rispettino i patti. Ebbene, proprio nella zona in cui sono scappati i rapitori, secondo i media locali, ci sono diversi returnees, e, con tutta probabilità, anche membri di Al Shabaab. A tutto questo, proprio in questa area, si somma il problema del grosso consumo di droga, favorito dalla prossimità con Mombasa, uno dei porti più importanti nel Continente per questo commercio illegale.

Violenza di Stato. Ad aggravare il senso di instabilità, infine, ci sono le “esecuzioni extragiudiziali” di presunti terroristi, utilizzate in maniera così sistematica da essere stata creata anche un’unità speciale, la Death Squad, documentata in passato anche da un documentario di Al Jazeera. Una situazione che spinge tanti giovani, come reazione, ad entrare in Al Shabaab.

L’articolo integrale di Lorenzo Bagnoli, Kenya, rapimento di Silvia Romano tra Al Shabaab e violenza di Stato, può essere letto su Osservatorio Diritti.

 

Da redattoresociale


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