Prima l’azione, poi le parole. Come attrarre i giovani al volontariato

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I ragazzi si avvicinano all’impegno sociale non più per appartenenza a un’associazione o a un ideale, ma per produrre cambiamenti reali, stare bene in gruppo e acquisire abilità. Un intervento di Stefano Laffi su come accogliere la sfida di questa “nuova adesione” al volontariato

di Stefano Laffi*  

La principale sfida che oggi abbiamo è capire il punto di vista di chi non è qui, né ci entrerebbe mai. Di chi prova rancore e scontento. Di chi non ha nel suo repertorio di esperienza tutte quelle azioni solidali che voi incarnate. Dobbiamo comprendere come raggiungerlo, coinvolgerlo, dialogarci. È l’unico modo per accogliere questa sfida in modo radicale, anziché semplicemente dirci che siamo bravi, consolarci e riconsolarci ogni volta solo tra noi…

Lo scavalcamento della coda
Una sociologa americana, Russel Hochschild, per studiare il voto a Trump è andata nell’America profonda a capire dove stava il risentimento. Il grande paradosso è infatti che Trump l’hanno votato i poveri. Alla fine della sua paziente indagine, Hochschild afferma di aver rilevato una “sindrome da scavalcamento nella coda”: l’americano che ha votato Trump è quello che a un certo punto ha visto qualcuno messo male come lui che improvvisamente lo scavalca nella coda e ha un vantaggio. Tendenzialmente erano gli stranieri, i neri, insomma coloro che l’americano medio povero percepiva come privilegiati dalle politiche di Obama e dei democratici, e li vedeva avvantaggiati rispetto a sé. Quindi il risentimento e lo scontento non sono tanto verso il potente – tant’è vero che hanno votatoTrump: casomai verso il potente hai l’invidia. Il risentimento è verso il tuo simile, che era dietro di te e ti scavalca.

Cambiare le cose, non descriverle
Lavoro in una cooperativa sociale (Codici) che fa ricerca-intervento. Quando andiamo in un territorio – un quartiere, una scuola o una biblioteca- siamo chiamati a cambiare le condizioni, non semplicemente a descriverle. Se vado in un condominio multiculturale di Milano e arrivo declamando le cose che spesso noi sociologi scriviamo, tipo “la diversità è una ricchezza” o “la prossimità è bella”, chi ci abita mi mangia, per così dire… E ha ragione. Io credo che la diversità sia una ricchezza, che la prossimità possa essere veramente bella, ma quando per una anziana signora vedova la prossimità è quella nuova famiglia che non parla italiano e con cui non riesce a stabilire nessuna relazione, non puoi dirgli che la prossimità fa bene e scalda gli animi, perché per lei in quel momento non è così. Non puoi dare per scontati quei principi o quei valori, se l’esperienza diretta stride con essi, devi cambiare… Da redattoresociale 

 


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