La duplice lezione di Bergamo sulla libertà di culto. 

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Quella che è arrivata in questi giorni è una importantissima e drammatica lezione sull’importanza della libertà di culto. Cerchiamo di ricostruire i fatti dando loro un ordine.

1) Nel 2016 la Regione Lombardia ha votato una legge che limita la possibilità di costruire nuovi luoghi culto, con l’intento ufficioso di prevenire la costruzione di moschee.Il TAR l’ha definita incostituzionale e ha chiesto la pronuncia della Corte Costituzionale, ma da Milano hanno risposto dicendo “noi andiamo avanti.”

2) Una cappella, di grande valore culturale per Bergamo, la chiesa dei Frati, finita in disuso, è stata recentemente messa all’asta. Lì da tempo ci andavano a pregare gli ortodossi della comunità ortodossa di Romania, che non hanno un loro luogo di culto.

3) Nonostante questa oggettiva e nota situazione, ha spiegato Avvenire,  “il bando per la vendita dell’ex cappella è stato redatto da Infrastrutture Lombarde, società controllata dalla Regione, per conto dell’Asst Papa Giovanni XXIII; la cessione della chiesa non era infatti rientrata nell’ambito del passaggio dell’area degli ex Riuniti a Cassa Depositi e Prestiti, che ha rilevato l’ampio complesso ospedaliero (sostanzialmente non più operativo dal dicembre 2012, cioè da quando è stato inaugurato il nuovo nosocomio dedicato al pontefice bergamasco) per costruirvi il “campus” dedicato al potenziamento dell’Accademia della Guardia di finanza.” Che cos’è questa ASST Papa Giovanni XXIII? Ecco una spiegazione diffusa tempo fa dalla stampa locale:  “a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale n. 23/2015, a partire dal 1° gennaio 2016 l’azienda ospedaliera Papa Giovanni XXIII si chiama Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Papa Giovanni XXIII e includerà anche l’Ospedale di San Giovanni Bianco, prima sotto l’egida dell’Ospedale di Treviglio, il Distretto di Bergamo, il Distretto Valle Brembana e Valle Imagna (ambiti di Villa D’Almè e di Zogno), il Sert di Bergamo (via Borgo Palazzo, 130), il Centro per il bambino e la famiglia (via San Martino della Pigrizia, 52 a Bergamo) e i consultori familiari di Bergamo (via Borgo Palazzo), Villa D’Almè (via F.lli Calvi) e Sant’Omobono Terme (via G. Vanoncini n. 20), i cui servizi socio-sanitari prima della riforma erano direttamente erogati dall’Asl di Bergamo.”

4) Dunque una controllata della Regione Lombardia ha predisposto i documenti dell’asta pubblica che riguarda il bene in questione. L’asta ha avuto luogo alcuni giorni fa e con rilancio dell’8% un’associazione musulmana ha vinto la gara e ottiene il bene.

5) Cosa ha deciso di fare la Regione Lombardia? Il suo presidente ha reso noto che “La Chiesa dei Frati è vincolata dal ministero dei Beni culturali e la sua vendita può essere effettuata solo con le modalità disposte dal decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 in materia di Beni artistici, il quale prevede che la compravendita del bene possa avvenire solo se lo Stato, la Regione o il Comune non eserciti il diritto di prelazione dell’acquisto. Diritto di cui la Regione ha intenzione di avvalersi”. Forse era il caso che comunicasse questa intenzione alla sua controllata quando predisponeva l’asta, o no? Comunque lui ha aggiunto: “Ho già contattato telefonicamente padre Gheorghe Valescu, responsabile della comunità ortodossa rumena a Bergamo – ha concluso Fontana – per rassicurarlo e illustrargli le azioni che Regioni metterà in atto per consentire alla comunità di non perdere il loro luogo di culto”.

Qui si pongono due domande: se il presidente Fontana era attento ai diritto degli ortodossi romeni non avrebbe fatto meglio a cancellare la legge che limita la possibilità di costruire luoghi di culto e che mette oggettivamente gli ortodossi di Bergamo nella condizione di doversi servire di una ex cappella cattolica? Non hanno diritto a una chiesa ortodosso anche nello stile? E nel nome di cosa potrebbe ritenere che questo diritto degli ortodossi non appartenga anche ai musulmani?

L’altra lezione che arriva da Bergamo è questa: si può ostacolare un diritto, l’esercizio del proprio culto, in questo caso dei musulmani, senza ostacolare anche quello di altre comunità? E quale idea di “sicurezza” c’è dietro la volontà di non costruire moschee necessarie a evidenti e note comunità di credenti? Non saranno luoghi di culto non controllati, ospitati magari in sottoscala, il vero problema per la sicurezza?

Per una drammatica ironia della storia tutto questo è accaduto nelle ore precedenti la giornata del dialogo islamo cristiano, che cade il 27 ottobre di ogni anno perché il 27 ottobre del 1986 papa Giovanni Paolo II convocò ad Assisi i leader di tutte le grandi religioni, inclusi ortodossi e musulmani, ad Assisi, per la grande preghiera per la pace. A quale cattolicesimo si ispira chi vuole ostacolare la costruzione di luoghi di culto?


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