Il caso Concita De Gregorio/2. A processo da 10 anni

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Fu querelata da Mediaset per un articolo di Travaglio pubblicato dall’Unità nel 2008 quando lei era direttore responsabile.  Nel 2015 fu assolta. Ora c’è l’Appello e deve rispondere anche per l’editore che non c’è più

Si aprirà il 19 novembre 2018, a dieci anni dai fatti, presso la Corte d’Appello di Roma, il procedimento per diffamazione a mezzo stampa che Mediaset Spa ha intentato nei confronti della giornalista Concita De Gregorio e del giornalista Marco Travaglio per un articolo scritto da quest’ultimo e pubblicato sul quotidiano L’Unità l’8 ottobre  2008, quando De Gregorio era direttore responsabile della testata, Silvio Berlusconi era potente e guidava il suo quarto governo sostenuto da Pdl, Lega Nord e Mpa. Un’altra epoca che, almeno sul piano giudiziario, non si è ancora conclusa, come dimostra questo processo

La giornalista sarà assistita in giudizio dall’avv. Andrea Di Pietro per incarico dell’Ufficio di assistenza legale gratuita di Ossigeno per l’Informazione che ha deciso di farsi carico delle spese di difesa per il valore strategico che ha questo processo (come spieghiamo a parte, leggi) per fare capire a tutti quanto siano punitive verso i giornalisti le procedure e le leggi sulla diffamazione a mezzo stampa.

Mediaset ha querelato Travaglio e De Gregorio il 27 novembre 2008; in primo grado, il 9 marzo 2015 il Tribunale di Roma li ha assolti “perché il fatto non costituisce reato”, ma il processo non è finito perché Mediaset ha impugnato quella sentenza di primo grado. La fissazione del giudizio d’Appello è stata notificata alla De Gregorio il 20 febbraio 2018.

Concita De Gregorio è imputata dei reati di cui agli articoli 595, 57 c.p. a artt. 13 e 21 L. 8.2.1948 perché quale direttore responsabile del quotidiano l’Unità ometteva di esercitare il controllo necessario ad evitare che venisse commesso il reato di diffamazione contestato a Marco Travaglio, il quale con l’articolo a sua firma dell’8 ottobre 2008, pubblicato su l’Unità con il titolo “Mi dispiace confermo tutto” avrebbe offeso la reputazione di Mediaset S.p.A. con la seguente affermazione: “…Mediaset avrebbe occultato negli anni seguenti centinaia di miliardi di fondi neri su 64 società off-shore”.

L’articolo di Travaglio contestato da Mediaset era stato pubblicato in replica a una lettera inviata al quotidiano l’Unità dal giornalista Bruno Vespa, pubblicata dal giornale con il titolo “I processi di Berlusconi, gli errori di Travaglio”. Nella lettera, Bruno Vespa affermava che Travaglio aveva scritto cose imprecise in un precedente articolo, pubblicato su “l’Unità” il 2 ottobre, in relazione ai processi a cui Berlusconi era stato sottoposto dopo il suo ingresso in politica.

L’8 ottobre, Marco Travaglio replicava a Vespa con quell’articolo dal titolo “Mi dispiace confermo tutto”, confermando parola per parola ciò che aveva scritto il 2 ottobre precedente e aggiungendo che “…Mediaset avrebbe occultato negli anni seguenti centinaia di miliardi di fondi neri su 64 società off-shore” e l’altra frase secondo cui “avrebbe occultato negli anni seguenti centinaia di miliardi di fondi neri su 64 società off-shore”.

Secondo i legali di Mediaset, quest’ultima frase sarebbe lesiva della reputazione aziendale oltreché priva di ogni fondamento perché, affermano, l’azienda editoriale “era del tutto estranea alla costituzione o gestione di società offshore” di cui ha scritto il giornalista e non ha avuto alcun contatto con le società costituite nei vari paradisi fiscali e riconducibili a Fininvest. Pertanto Mediaset aveva presentato querela.

Nella sentenza di assoluzione del 2015, il Tribunale ha sottolineato che quanto sostenuto da Travaglio era stato sostenuto, in atti giudiziari, da alcuni consulenti del Pm che indagavano sulla vicenda: i consulenti  avevano indicato le società offshore considerandole riferibili alternativamente anche a Mediaset. Pertanto il giudice di primo grado aveva riconosciuto a Travaglio la scriminante della verità, quantomeno putativa, della notizia, correttamente esaminata e controllata dal giornalista.

Concita De Gregorio nel frattempo ha perso la manleva da parte dell’editore de L’Unità che non si fa neppure carico delle spese legali. Pertanto oltre a dover sostenere in proprio le spese legali, in caso di condanna rischia di dover risarcire i danni a Mediaset con le proprie risorse personali che nel frattempo sono state prosciugate per via di altre cause che ha dovuto sostenere senza l’assistenza dell’editore.

Chi è

Concita De Gregorio è una firma prestigiosa del quotidiano La Repubblica, per il quale lavora dal 1990, con una parentesi di tre anni (dal 22 agosto 2008 al 7 luglio 2011) durante i quali è stata  direttore responsabile del quotidiano l’Unità. Durante questi tre anni il giornale, che era la voce del Partito Democratico, ha combattuto accese campagne e ha svolto inchieste, e ha ricevuto numerose querele e citazioni per diffamazione, di cui lei ha dovuto rispondere per omesso controllo nella sua qualità di direttore responsabile. Quando la crisi finanziaria  de “l’Unità”, dal 2014 in poi, si è fatta più grave, attraversando varie fasi fino ad arrivare il 2 giugno 2017 alla cessazione della pubblicazioni,  alla liquidazione della società editrice e, ad aprile 2018, alla messa all’asta della testata per pagare i creditori, l’editore non ha più sostenuto le spese legali per i giornalisti chiamati in giudizio né si è fatto carico dei risarcimenti da versare in caso di condanna. La vicenda ha messo in grave difficoltà numerosi giornalisti e ha fatto emergere una grave carenza delle norme vigenti che permette di scaricare sui giornalisti le inadempienze e le responsabilità civili degli editori che liquidano l’attività per insolvenza. Nessuna soluzione è stata finora adottata, nonostante tutti gli impegni a colmare questa lacuna con una nuova norma di legge.

ASP

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