Egitto, nuova ondata di arresti di oppositori e attivisti, così Al Sisi stronca ogni tentativo di dissenso

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Un continuo tintinnare di manette e di urla nel silenzio delle galere egiziane, tra Il Cairo e Alessandria, mentre il tempo scorre e oggi, 25 agosto, ricordiamo che da 31 mesi l’assassinio feroce di Giulio Regeni in Egitto rimane insoluto, senza verità, né giustizia.
A pochi giorni dall’ennesima udienza – prevista il 28 agosto – per Amal Fathy, moglie di Mohamed Lotfy, direttore dell’organizzazione che fornisce assistenza legale alle vittime di tortura e sparizione forzata, tra cui i Regeni, una maxi retata tenta di stroncare l’ennesimo tentativo di dissenso.
Nell’ultima settimana sono stati decine i fermi, sei solo giovedì scorso, tra esponenti dell’opposizione, attivisti, accademici e diplomatici.
Il personaggio più conosciuto Masum Marzuk, ambasciatore a riposo. Insieme a lui sono finiti in carcere i professori universitari Yehia al-Qazzaz e Abdel Fattah Saeed al-Banna, l’economista Raed Salama e gli attivisti Nermeen Hussein, Sameh Seoudi e Amr Mohamed.
Secondo la stampa egiziana, le imputazioni alla base degli arresti non sono ancora formalizzate ma sarebbero tutti accusati di “aver aiutato un’organizzazione terroristica, di aver ricevuto fondi per scopi terroristici e di essere parte promotrice di un’azione criminale con il fine di commettere reati di terrorismo”.
Con un post pubblicato il 5 agosto sul proprio profilo Facebook, Marzuk, che è anche esponente del partito di sinistra ‘Corrente popolare’, proponeva un referendum sul governo del presidente Abdel Fatah al Sisi.
Qualora le autorità egiziane si fossero opposte alla consultazione popolare, suggeriva Marzouk, si sarebbe dovuta organizzare una manifestazione al Cairo il 31 agosto in piazza Tahrir “per discutere delle misure da prendere”.
L’accademico aveva tracciato una vera e propria tabella di marcia per il trasferimento del potere nel caso in cui la popolazione votasse contro il governo, ipotizzando la sospensione della Costituzione, lo scioglimento del Parlamento, il trasferimento del potere a l’istituzione di un consiglio transitorio per un periodo di tre anni durante il quale tutta la legislazione emessa dopo il 25 gennaio 2011 – data che ha segnato l’inizio della rivoluzione del 2011 – sarebbe stata rivista per poi indire elezioni presidenziali e parlamentari.
Una vera e propria azione per porre fine al regime di al Sisi che ovviamente è stata stroncata sul nascere.
Con Marzouk sono stati arrestati Raed Salama, economista vicino a Corrente popolare, e il docente universitario Yahya Kazaz. Anche quest’ultimo aveva affidato ai social il proprio pensiero e aveva chiesto le dimissioni del presidente, aggiungendo che “la resistenza era l’unica soluzione per uno Stato di diritto”.
Il rischio che la rotta tracciata dal professore es ex ambasciatore potesse essere seguita da molti altri ha spinto al Sisi a correre ai ripari con una maxi retata.
Nei giorni scorsi aveva anche manifestato in diversi discorsi pubblici il suo ‘disappunto’ mettendo in guardia contro qualsiasi tentativo di dissenso pubblico.
A metà luglio aveva riservato le sue ire a un hashtag su Twitter che lo invitava a dimettersi.
Dalle parole e poi passato ai fatti. Con durezza come nel suo abituale stile da dittatore.


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