Deserto Pd

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Attraversare il deserto. E’ il destino del Partito democratico, condannato a vagare nel deserto, come il popolo di Israele, punito per aver adorato il Vitello d’oro, che per quarant’anni non poté avvicinarsi alla Terra promessa, fino a quando la generazione idolatra non fu completamente estinta, compreso Mosè. Oggi, nell’era di twitter e facebook, forse i tempi della maledizione biblica si sono accorciati, ma la punizione dovrà essere espiata fino in fondo. I fischi ai funerali di Genova sono stati “vox populi” e quindi “vox dei” e al Pd non resta che sperare in una penitenza un po’ più breve per ritornare ad avvicinarsi alla terra promessa del governo del paese. Il Pd dovrà praticare la virtù evangelica dell’umiltà per evitare l’estinzione e per guadagnarsi un eventuale perdono, anche se il popolo della rete, che si riflette sempre più nelle scelte elettorali, sembra un Moloch distratto e crudele, poco incline al perdono. Come dargli torto. Il Pd, secondo i suoi critici più severi, ha adorato il Vitello d’oro, si è lasciato affascinare dal profeta Marchionne ed ha rinnegato l’antica alleanza con i sindacati, ha dato alla Confindustria quasi tutto quello che chiedeva, senza avere in cambio la crescita dei posti di lavoro sperata. I suoi “sacerdoti” si sono allontanati dal popolo, non hanno più ascoltato richieste e sofferenze. E così, adesso, deve vagare per il deserto. Ma, il deserto, è punizione e purificazione perché costringe a guardarsi dentro per sopravvivere. Capacità, di guardarsi dentro e di ascoltare chi ti era vicino e adesso ti ha abbandonato, che sembra mancare alla “casta sacerdotale” del Pd. Forse, il Pd non ha commesso tutti i peccati che gli vengono rinfacciati quotidianamente dai barbari infedeli che adesso sono al potere, ma poco importa. La sua “casta sacerdotale” dovrà vagare nel deserto fino all’estinzione, e solo dopo, quando –forse- saranno cresciuti nuovi piccoli profeti disarmati, abituati a sporcarsi le mani nel volontariato, nella difesa della natura, vicino ai più deboli, dotati di scienza e coscienza da mettere al servizio di tutti, forse sarà perdonato.

Ai barbari invasori, ex padani a cinque stelle, alla ricerca continua di mulini a vento da combattere e sconfiggere, è concesso di dire tutto e il contrario di tutto, con grande efficacia, di dilagare sui mass media, alla faccia del fantasma della “par condicio”. Chi, invece, si metterà a frequentare il deserto delle periferie, tradite anche dal nuovo governo del cambiamento, dovrà parlare all’orecchio di chi non vuole ascoltare perché -non a torto- non si fida più di nessuno. Non sarà facile. Non sarà facile essere europeisti in un’Europa incapace di gestire la solidarietà sui migranti, che l’Italia chiede da tempo. Non sarà facile contrastare il bombardamento mediatico del ministro dell’Interno, eccitato dalla probabile imputazione per “sequestro di persona”, al quale è arrivato il pronto sostegno di Berlusconi nella polemica contro la magistratura. Non sarà facile persuadere gli italiani che bisogna “restare umani” e al tempo stesso risolvere concretamente il problema biblico dei migranti, che arrivano in modo incontrollato e poi vengono abbandonati nelle strade e nei giardini delle nostre città, sotto le nostre finestre, senza che ci sia una diffusa cultura ed organizzazione dell’accoglienza. Ci sarebbe l’esempio di Riace, il piccolo comune calabro rivitalizzato da migranti integrati e disposti a lavorare e a vivere in un territorio che era semi abbandonato, ma il ministro onnipresente dice che ci sono delle irregolarità, forse perché funziona. Non sarà facile reclutare sul territorio una nuova classe dirigente diffusa, senza “obbedienze”, per la quale l’onestà non sia uno slogan ma una pratica di vita, a costo di perdere i voti degli amici degli amici. Non sarà facile.

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