Perquisizioni al Mattino. Sindacato giornalisti Veneto: “attacco alla democrazia”

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Il Direttivo Regionale del Sindacato Giornalisti Veneto, riunito oggi 11 luglio 2018, ribadisce la netta condanna alla vigorosa decisione della Procura Antimafia di Venezia che lo scorso 12 giugno ha disposto la perquisizione dell’abitazione della collega Cristina Genesin e della redazione de Il Mattino di Padova e il sequestro degli strumenti di lavoro (cellulari, computer e documenti informatici).
Il Direttivo regionale del Sindacato giornalisti Veneto considera tale atto, un’aggressione violenta e intimidatoria, senza precedenti, contro la libertà di stampa, il segreto professionale, la tutela delle fonti che sono patrimonio indiscutibile non solo dei cronisti ma anche e soprattutto di una società democratica e pluralistica.

Il fascicolo, aperto nel febbraio 2017 a carico di ignoti, assegnato a quattro sostituti procuratori, è stato iscritto nel registro noti  a carico della collega Genesin nel dicembre 2017, a carico del secondo redattore nel gennaio del  2018 e a carico di direttore e condirettore nel giugno 2018.

Per tutti l’ipotesi di reato è rivelazione del segreto istruttorio con l’aggravante del favoreggiamento mafioso per la pubblicazione, nel febbraio 2017, di alcune foto – scattate nel 2013 – che ritraevano il figlio del boss Totò Riina per le vie di Padova. Tale servizio secondo la Procura avrebbe compromesso le indagini in atto.

Il Direttivo Regionale del Sindacato Giornalisti Veneto si chiede e chiede perché e come mai si proceda dopo un anno dalla pubblicazione delle foto, si chiede e chiedeperché e come mai non si sia proceduto altrimenti per l’individuazione della fonte, ricercando altrove e attraverso altri percorsi il o i pubblici ufficiali presunti autori del reato di rivelazione.
Il Direttivo Regionale del Sindacato Giornalisti Veneto richiama, in proposito, le sentenze Goodwin, Roemen e Tillack della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo laddove si annota che “… le perquisizioni aventi per oggetto di scoprire la fonte di un giornalista costituisca – anche se resta senza risultato – un’azione più grave dell’intimazione di divulgare l’identità della fonte. Infatti, gli inquirenti che, muniti di un mandato di perquisizione sorprendono un giornalista nel suo luogo di lavoro, detengono poteri d’indagine estremamente ampi poiché, per definizione possono accedere a tutta la documentazione in possesso del giornalista … “.

Non solo, con la Raccomandazione adottata l’8 marzo 2000 anche il Consiglio d’Europa ha voluto tutelare le fonti dei giornalisti affermando che: “… il diritto dei giornalisti di non rivelare le loro fonti fa parte integrante del loro diritto alla libertà di espressione garantito dall’articolo 10 della Convenzione. L’articolo 10 della Convenzione, così come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, s’impone a tutti gli Stati contraenti. Vista l’importanza, per i media all’interno di una società democratica, della confidenzialità delle fonti dei giornalisti, è bene tuttavia che la legislazione nazionale assicuri una protezione accessibile, precisa e prevedibile. È nell’interesse dei giornalisti e delle loro fonti come in quello dei pubblici poteri disporre di norme legislative chiare e precise in materia. Queste norme dovrebbero ispirarsi all’articolo 10, così come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, oltre che alla presente Raccomandazione. Una protezione più estesa della confidenzialità delle fonti d’informazione dei giornalisti non è esclusa dalla Raccomandazione. Se un diritto alla non- divulgazione esiste, i giornalisti possono legittimamente rifiutare di divulgare delle informazioni identificanti una fonte senza esporsi alla denuncia della loro responsabilità sul piano civile o penale o a una qualunque pena cagionata da questo rifiuto …”.

Il Direttivo Regionale del Sindacato Giornalisti Veneto, alla luce delle raccomandazioni europee, ritiene necessaria la modifica dell’articolo 200 del codice di procedura penale al fine di equiparare i giornalisti, sotto il profilo del segreto professionale, a tutte le altre figure professionali: medici, chirurghi, avvocati, sacerdoti, notai, consulenti tecnici, farmacisti, ostetriche, dottori e ragionieri commercialisti, consulenti del lavoro, dipendenti del servizio per le tossicodipendenze.

Il diritto-dovere di informare è sacro e inviolabile e risponde all’osservanza dell’etica giornalistica che impone che le notizie siano divulgate in maniera corretta sulla base di fatti precisi e di fonti affidabili nell’interesse pubblico: il giornalismo è – si è scritto – diffondere anche ciò che qualcuno non vuole si sappia, perché la sua funzione è anche quella di portare alla luce ciò che è nascosto, fornire prove, e, pertanto, dare fastidio.

Il Direttivo regionale del Sindacato giornalisti Veneto rimane al fianco dei quattro colleghi indagati,  sostenendo la Federazione Nazionale Stampa Italiana nel mantenere alta l’attenzione sull’evolversi della vicenda e nell’attivarsi in tutte le sedi per denunciare quanto sta avvenendo allo scopo di preservare l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione, quale bene costituzionalmente garantito.


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