Da Prato Rotondo, località romana, a Città del Guatemala. Un’avventura che dura da più di cinquant’anni

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Giovedì 7 – dalle ore 16,00 alle 18,30 – nella sala consiliare del terzo municipio di Roma (piazza Sempione 15), sarà ricordata la lotta che, negli anni a cavallo tra i ’60 e i’70, impegnò i baraccati di Prato Rotondo per rivendicare il diritto ad abitare. Testimoni d’eccezione Quenia Guevara e Gerardo Lutte, prete salesiano belga trasferitosi nel nostro paese per insegnare ma che, proprio a Prato Rotondo, maturò la decisione di lavorare con i più deboli. Ricordare il percorso che a Roma portò Gerardo Lutte nella baraccopoli sorta nei pressi di  Prati Fiscali, comporta  ripercorrere la storia delle borgate romane, quelle spontanee e quelle indotte da governanti nazionali e amministratori locali miopi al punto di pensare che confinandole  fuori del perimetro urbano si potesse nascondere l’arretratezza del sistema economico e sociale che stava producendo lo spopolamento delle montagne, il degrado dell’agricoltura e la  conseguente fuga dei lavoratori verso le città con la speranza di migliorare le proprie condizioni di vita.

I dati dell’incremento della popolazione di Roma mostrano un andamento accelerato rispetto a quello dell’intero territorio nazionale. Dal  1870 (unità d’Italia) al 1921 ( vigilia della presa fascista del potere) il numero degli abitanti della capitale raddoppiò, dal 1921 al 1959 addirittura triplicò. La tendenza si invertì negli anni successivi, fino ad arrivare all’ aumento limitato dell’8% negli ultimi cinquant’anni.

Per quasi un secolo, la capitale è stata vissuta come sede del potere politico, economico e religioso dove, avvalendosi della raccomandazione di un parente o di un amico, era possibile trovare una sistemazione, anche definitiva,  nei ministeri, enti e società che si andavano costituendo. In realtà gli abruzzesi, i calabresi e i siciliani arrivati a Roma dovettero  affrontare  mille difficoltà, prima fra tutte dove abitare. Furono  loro che, schiacciati dalle necessità, dettero vita alle tante borgate e  baraccopoli che sorsero sempre più numerose.

Quando nel ’56 Gerardo Lutte arrivò a Prato Rotondo trovò “padri di famiglia umiliati dalla disoccupazione cronica e dalla miseria delle loro famiglie; mamme obbligate ad abbandonare i bambini per servire i ricchi con un salario di miseria; bimbi morsicati dai topi; una bambina di due anni operata già tre volte; vecchi lentamente consumati dalla fame, dal freddo, dalla solitudine; scolari ritardati e presi in giro a scuola; ragazzi di tredici anni che lavoravano duramente per arricchire i padroni”. Una realtà che non conosceva ma che, rapidamente,  lo convinse della necessità di rinunciare a qualsiasi compromesso e schierarsi dalla parte dei poveri e poichè la lotta paga sempre, anche i baraccati di Prato Rotondo ottennero la propria vittoria con l’assegnazione di case popolari alla Magliana, dove si trasferirono assieme a quello che era diventato il  loro “”prete rosso”.

Per questa sua scelta Gerardo Lutte fu cacciato dalla congregazione dei salesiani, condanna espiata “traslocando” il proprio impegno di lotta in sud America, prima in Nicaragua ora in Guatemala, dove con Mojoca, associazione che si occupa del recupero dei ragazzi e delle ragazze di strada per il finanziamento della qual gira, faticosamente, il mondo per chiedere l’ aiuto di tutti.

L’incontro, condotto da Fausto Tortora, sarà introdotto dai filmati: Gerardo Lutte, sulla strada…da una parte sola di Paolo Di Nicola e Il Mojoca e le reti di amicizia di Massimo Silvestri.
Interverranno: Remo Marconi, Raul Mordenti, Maria Paola Chiarini e Paolo Berdini, intervallati da brevi letture di Anna Maria Bruni.


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