80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

“Quanto basta”, attraverso la sindrome di Asperger una metafora sull’equilibrio umano

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Il 2 aprile s’inaugura il festival dedicato a chi soffre della sindrome di Asperger, una forma lieve di autismo (per dirla in parole molto semplici) che, proprio in ragione della sua “lievità” ci fa riflettere su quanto sia relativa la normalità. Uno di questi film, in uscita nelle sale il 5 aprile, è “Quanta basta”, pellicola non solo informativa – capace di colmare lacune e pregiudizi – ma anche maestra nel farlo perché coinvolge e commuove, parla di noi, dell’universalità delle nostre lacune e del fatto che, nella vita, ciò che conta è incidere “Quanto basta”: elogio dell’equilibrio universale attraverso il racconto di una condizione che ha inaspettate “eccellenze”.

Il film, egregiamente diretto da Francesco Falaschi, racconta di Arturo (il bravo Vinicio Marchioni) un cuoco superlativo che, a causa dei suoi problemi con l’aggressività, non è riuscito a farsi strada e viene mandato ai servizi sociali. Qui incontra Guido; interpretato dal giovanissimo quanto straordinario Luigi Fedele; che a poco a poco riuscirà a far breccia nel suo cuore tanto da mutare le asperità comportamentali del tutor. Tra loro una psicologa, la brava Valeria Solarino, cemento a questa relazione. Arturo insegnerà a Guido i segreti della buona cucina e l’allievo si rivelerà imbattibile nel preparare il cibo più grato, fino al punto di decidere autonomamente cosa sia indicato e cosa inutile sofisticazione.

La piacevolezza dell’opera sta nel fatto di aver saputo riportare un fatto di costume, come il successo mediatico dei Master chef, alle sue primitive ragioni: la convivialità, il dono vitale che rappresenta. Arturo e Guido sono infatti affini nella loro diversità e un elemento condiviso li nutre in uno scambio osmotico, per dirla con Francesco Falaschi: “La sindrome di Asperger che caratterizza Guido ha un interessante aspetto metaforico e universale: alcune delle criticità che la caratterizzano, come la difficoltà (non l’impossibilità) a entrare in empatia con gli altri, e la fatica nel capire le convenzioni sociali e le regola non scritte sono comuni ai due protagonisti e a tutti i neuropatici”. Da vedere.


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