Addio Luigi. Non ti sei mai tirato indietro di fronte ai tuoi doveri di giornalista

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Potevo stare ad ascoltarlo per ore, fin da ragazzina, mentre raccontava, soprattutto con gli occhi, le sue avventure “esotiche”, quando vestiva i panni dello studioso. Luigi Necco, morto questa notte all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove era ricoverato da alcuni giorni per gravi problematiche respiratorie, non è stato solo un giornalista “di razza”, amato dalle folle, volto storico per 15 anni di 90′ minuto della Rai negli anni degli scudetti del Napoli di Maradona (“Gli chiesi: Il gol l’ha fatto la mano de Dios o la cabeza de Maradona?. E lui rispose: Las dos – tutti e due”), ma anche una persona tenace, dai molteplici interessi, che non si arrendeva davanti ai sogni. Dopo l’esperienza televisiva si dedicò all’archeologia, presentando negli anni Novanta “L’occhio del faraone”, che produsse circa 360 documentari e servizi sull’archeologia nell’area Mediterranea. Per moltissimi anni, inseguendo un sogno giovanile, spese molto tempo alla ricerca del tesoro, che il celebre archeologo Heinrich Schliemann aveva trovato a Troia nel 1873 e, che, ufficialmente i tedeschi davano per distrutto nei bombardamenti a Berlino nel 1945. La tesi ufficiale del governo tedesco sosteneva che fosse andato annientato in due bombardamenti. Necco non aveva creduto a questa ipotesi e iniziò la sua ricerca, coinvolgendo i più grandi ingegni archeologici del mondo e andando decine di volte a Troia e in altri paesi collegati alla vicenda. Dopo dieci anni di faticose (e costose) ricerche che gli tolsero sonno e risorse, trovò le  prove dell’esistenza del tesoro, che è stato finalmente esposto il 16 aprile 1996 nel Museo Puskin delle belle arti di Mosca. Su questa avventura ha scritto, per l’editore Pironti di Napoli, un libro intitolato “Giallo di Troia”,  pubblicato nel 1993.

Nelle sue mille vite ha diretto l’Ente provinciale per il turismo e curava una trasmissione dal titolo “L’emigrante” sull’emittente Canale 9; è stato per cinque anni anche consigliere comunale a Napoli, per il Pds. Negli ultimi tempi si dedicava ai progetti di legalità per le scuole con la Prefettura di Napoli e l’ordine dei giornalisti della Campania.

Volto storico della Rai, l’11 aprile 1975, è stato tra i primi a raccontare la tragica esplosione della fabbrica di armi Flobert a Sant’Anastasia. Le prime battute della sua cronaca sono state riprese da ’e Zezi – Storico gruppo Operaio e inserite nel disco ’a Flobert. “Dieci dei morti – spiegava Necco – erano stati assunti appena due settimane fa: non erano più contadini, non erano ancora operai. Per sfuggire alla disoccupazione e alla miseria, avevano accettato un compromesso con la morte lavorando in uno stabilimento che nonostante leggi e regolamenti si è dimostrato insicuro al pari delle micidiali baracchette dove si fabbricano fuochi d’artificio”.

“Santificato” nel mondo del calcio, dove era capitato per caso, non si è mai tirato indietro di fronte ai suoi doveri di giornalista. Non l’ha fatto nel 1980, quando ha scelto di parlare a 90^ minuto della medaglia d’oro regalata a Raffaele Cutolo dall’allora presidente dell’Avellino Calcio, Antonio Sibilia. Per questo, il 29 novembre del 1981, Necco è stato gambizzato in un ristorante di Avellino da tre uomini inviati da Vincenzo Casillo detto ‘O Nirone, luogotenente di Cutolo.

Ha svolto il suo lavoro con amore e passione e ha continuato fino alla fine. Lo scorso settembre ha contribuito con la manifestazione del “Napolifest – Naviganti, Eroi, Poeti e Santi della Città”,  della quale era direttore artistico, a produrre la terza edizione di “Imbavagliati” – Festival Internazionale di Giornalismo civile, per schierarsi contro ogni forma di censura. Poco prima di Natale è stato pubblicato uno dei suoi ultimi “pezzi”, con un’intervista a Renzo Arbore in occasione della mostra allestita dallo showman a Palazzo Reale di Napoli.

Da pochi giorni era diventato anche un divertente fumetto, il professor Onecc, che viaggia nel tempo grazie alla sua 500 azzurra modificata insieme a dei simpatici compagni di avventure, ambientate al Museo Archeologico di Napoli dal titolo «Sfida al Museo”.

Negli ultimi mesi l’ho visto spesso.  Mi piacevano i suoi silenzi, le sue pause strutturate, quello sguardo mite e beffardo. Rideva di me con Gianluigi Osteri (che aveva organizzato la sua ultima direzione artistica) e Alessandro Incerto, mentre danzavo goffamente sulle note di Eugenio Bennato, in un affollato concerto a piazza Mercato. “Tu sei vitale”, mi disse, divertito. “Sono stanca – gli risposi – un po’ di tutto”. Mi guardò senza dire nulla, per molti secondi, che sembravano non finire… E in quegli occhi vidi quanto ero stata stupida: dirmi affranta, davanti ad una persona che non si era mai lamentata.  Mi sentivo più piccola (avevo dieci anni) di quando lo sentivo parlare sulla terrazza della sua casa a Taormina.

Necco era oltre… Nessun capriccio in ogni riunione, nessun atteggiamento da star, perché ai “grandi” non serve… Solo aneddoti pieni di verità, che arricchivano più di cento ore di studio. Addio Luigi, Napoli risponde, anche questa volta.


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