Il buco nero del riciclaggio in Italia

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I soldi delle mafie (le quattro italiane più quelle che dal mondo intero si inseriscono nel nostro panorama nazionale) si inseriscono nel sistema finanziario italiano. La direzione nazionale antimafia parla di oltre 100 miliardi di euro per quanto riguarda il riciclaggio e viene gestito nelle operazioni sospette con operazioni compiute dalle direzioni provinciali della divisione che opera in collaborazione con la Guardia di Finanza. Tuttavia di fronte al volume e al valore economico che la banca d’Italia nel 2015 ha calcolato intorno ai 97 miliardi di euro il valore della somma annuale va dai 49.075 del 2011 ai 71.758 del 2014 e alla cifra molto vicina ai 100 miliardi dell’anno successivo. Questo-denuncia il FMI al termine di una lunga ispezione e mette in evidenza il fatto che “l’Italia non ha ancora messo  a punto un’azione efficace contro il finanziamento del terrorismo che sia coordinata a livello nazionale”.

Questo è avvenuto perché le associazioni mafiose hanno continuato a muovere i loro soldi  ed a esercitare la loro azione attraverso le ipoteche assegnate senza garanzie, attraverso gli scoperti milionari e le imprese intestate a prestanome che non hanno mai depositato una dichiarazione. Cosa che è diventata molto più ampia con la crisi economica che ha reso le banche più vulnerabili. E’ diventata così una lotta impari per le operazioni passate al setaccio della Dia che  nelle varie regioni italiane hanno coinvolto 165.486 persone, l’84,1% delle quali per importi compresi tra i 50 mila euro e il milione di euro. E il tutto passato attraverso le banche.

La crisi di liquidità ha colpito le banche più vulnerabili e l’elevato numero di sedi della Banca d’Italia rende difficile, se non improbabile il controllo. “Negli ultimi anni – spiega il penalista Roberto de Vita, direttore della sede centrale -il fenomeno ha compiuto un salto di qualità. E questo è quello che ha reso quasi impossibile il controllo completo di tutte le operazioni sospette. Guglielmo Muntoni che si occupa dei sequestri dei beni non ha dubbi: “nel 90% per cento dei sequestri fatti siamo risoluti da operatori dei servizi bancari siamo risaliti a soggetti della criminalità organizzata.La stessa criticità si ripresenta quando entrano in gioco le categorie professionali. Nel 2015 delle dichiarazioni dei professionisti sono state 5979 le operazioni sospette in crescita del 150% rispetto al 2014.


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