Come possiamo “aiutarli a casa loro”?

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“Mi vengono in mente idee che non condivido”. Guardo, con gli occhi attoniti del disegno filosofico di Altan, la televisione che mi racconta lo sbarco di 12.000 persone in due giorni in un porto siciliano e “mi vengono in mente idee che non condivido” e allora penso: “aiutiamoli a casa loro”.

Sui social media vedo strade che conosco e che adesso rassomigliano a Dacca, con lunghe file di uomini, vestiti di bianco, con il copricapo, che forse si avviano alla preghiera del venerdì. Poi incontro, nella mia città, che continua ad essere abbastanza ordinata ed accogliente, gruppi di giovani uomini, che sorridono e parlano al cellulare, mentre dovrebbero essere impegnati in lavori per la comunità che li accoglie. Allora, di nuovo, comincio a pensare che, forse, “bisognerebbe aiutarli a casa loro”. Ma non basta. Ho sempre pensato che l’Europa unita, pacifica e tollerante fosse un’utopia realizzata. Adesso, invece, quando vedo gli stati europei, che –dopo averci definito “eroici”- ci dicono arrangiatevi, mi viene voglia di mandare a quel paese questa Europa ipocrita ed egoista. In particolare mi fanno rabbia  paesi come Ungheria e Polonia, che abbiamo aiutato ed accolto con finanziamenti miliardari dopo la dissoluzione dell’impero sovietico, e che adesso rifiutano di condividere anche una piccola percentuale di migranti accolti in Italia. Mi fanno rabbia i paesi baltici, discendenti degli antichi cavalieri teutonici, che grazie all’Europa si sono rinnovati ed arricchiti e adesso ci danno lezioni di ordine ed austerità con il ditino sempre alzato, ma hanno dimenticato che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, finita l’occupazione nazista, furono accolti 120.000 profughi che non volevano ritornare sotto il tallone di ferro sovietico. E poi, già che ci siamo e nonostante i milioni di mussulmani che vivono pacificamente in Europa, mi chiedo se davvero l’Islam sia conciliabile con la nostra Costituzione. Lo so, è terribile quello che mi viene in mente e che non condivido, ma come si concilia la laicità dello stato e la parità tra uomo e donna con l’Islam, che pretende, per definizione, la sottomissione, l’abbandono, la consegna totale di sé a Dio, anche se coniugata al concetto di pace?

Allora, “aiutiamoli a casa loro”. Sembra quasi una banalità, da un po’ condivisa anche da Bill Gates, ma il problema è come. Copriamo di soldi presidenti e dittatori di stati africani senza democrazia e speriamo che una piccola parte di quei soldi si trasformino in un fantasma di ricchezza per i disperati che scappano da fame e guerre, che affrontano viaggi, torture e forse la morte. Intanto, centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini premono sulle coste libiche, controllate da tribù e mercanti di schiavi, mentre le ong, cercano di salvarli, ma con la loro presenza troppo ravvicinata rischiano di diventare complici degli scafisti. E poi, se chiudiamo i nostri porti e tutti i porti del Mediterraneo e del resto d’Europa e se non possiamo riportarli in Libia perché gli italiani, a parte i soldi che distribuiscono, sono considerati ancora degli “invasori”, cosa ne facciamo? Visto che in mare i muri non funzionano, potremmo sparare delle cannonate di avvertimento contro i barconi, sperando che si spaventino e tornino indietro. E se qualche cannonata colpisce un barcone? Pazienza, sono cose che succedono, basta che nessuno, poi, pianga lacrime di coccodrillo.

E cosa ne facciamo dei milioni di migranti economici che nessuno vuole, salvo sfruttarli nel lavoro nero? Facile, li rimandiamo a casa. Ma come si fa, visto che i loro paesi d’origine non li vogliono? Non resta che caricarli su aerei militari e paracadutarli su quelli che forse sono i loro paesi d’origine. In questo caso si può chiedere consiglio ai vecchi militari cileni ed argentini che facevano lo stesso con i loro oppositori politici, ma senza paracadute.

E così, visto che non riesco a trovare soluzioni ragionevoli alle idee che mi vengono in mente idee, e che non condivido, spengo la televisione e aspetto che chi vincerà le prossime elezioni in Italia risolva l’indovinello: come possiamo “aiutarli a casa loro”?


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