La fragilità nascosta delle donne

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Il Destino si insinua nelle nostre esistenze come un soffio misterioso attraverso le fessure socchiuse dell’anima. Crediamo di conoscere l’altalena misteriosa che oscilla fra l’ansia di regolare la propria vita e la fatalità di esserne travolte; ma a volte la sottile linea grigia che unisce l’antitesi fra la vita e la morte diventa più impalpabile di un respiro.

Paola Martini, professionista sensibile e gentile, dai profondi occhi azzurri, abituata a scrutare il mondo, a raccontarlo e a cercare di migliorarlo col suo impegno civile, il 24 ottobre ha attraversato questo confine, non riuscendo più a separare da sé il profondo dolore che l’avvolgeva. Il nostro pensiero addolorato e intriso di tristezza corre veloce dal suo ricordo a quello di un’altra donna, una fotografa che ci aveva afferrato il cuore con le sue immagini straordinarie di spazi incontaminati e atemporali, simili ai luoghi dello spirito: Kate Barry, che l’11 dicembre del 2013, a 46 anni, aveva spento improvvisamente la fiammella della sua ultima candela di Natale, all’apice del successo.
Di lei, primogenita dell’attrice e cantante Jane Birkin e del compositore di colonne sonore John Barry, la cronaca aveva molto raccontato fin dalla primissima infanzia. Figlia di due celebrità, cresciuta accanto ad un’altra icona degli anni Settanta, Serge Gainsbourg, ogni suo passaggio di stagione era sbattuto in copertina; ma della sua sensibilità ed emotività di donna complessa dalle molteplici sfumature tutto rimaneva nell’ombra. Le sue opere fotografiche parlavano per lei: sguardi d’amore, racchiusi in un “clic”. Uno stile ovattato, essenziale, giocato su contrasti lievi e dettagli insoliti, uniti fra loro a formare dei racconti che sembravano svilupparsi in movimenti impercettibili. Una fascinazione malinconica e radiosa, che rivelava ogni cosa e nello stesso tempo la nascondeva.

A volte, le vite degli altri ci appaiono felici, risolte, senza labirinti, al riparo dai fantasmi dell’inconscio. Gli occhi vedono sempre in superficie. Il mondo che abitiamo ci induce alle consuetudini, a rispettare le forme, le convenienze, ci fa nascondere il dolore, l’insicurezza, agli sguardi indagatori altrui. Viviamo in solitudine le tempeste di emozioni e gli smarrimenti infiniti, le fratture strazianti che interrompono la nostra idea di serenità. Quando non si ricompongono, possono fermare i cuori per sempre e spingere in un istante i corpi nel vuoto dell’abisso, giù da una finestra spalancata e frantumarli al suolo, insieme ai tanti sogni e delusioni, rinchiusi in uno scrigno prezioso da portare con sé altrove.

Non si inventano parole per chi ha scelto il silenzio, si può solo col pensiero inviare una carezza a chi, come Paola, ha deciso irrimediabilmente così. E imparare almeno un po’ a guardare alle nostre e alle esistenze degli altri, rompendo le griglie che tutto e tutti imprigionano.


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