L’informazione ha l’obbligo di veicolare
rispetto per la dignità delle donne

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Possono salire sul podio più alto, vincere medaglie, battere record, ma per certa informazione, se sono donne, a prevalere è il look, l’apprezzamento volgare o derisorio del loro fisico. Siamo veramente stanche e stanchi di questa informazione sessista, maschilista, che continua a veicolare stereotipi. Ha fatto scalpore il titolo del Resto del Carlino sulle arciere azzurre Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia (“Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”) che hanno concluso la gara a Rio con il quarto posto. Il direttore Giuseppe Tassi, si è blandamente scusato (con i lettori, non con le atlete), l’editore Andrea RIffeser ha pensato di mettere una foglia di fico sul caso, licenziandolo (a un mese dalla pensione). Caso chiuso. E invece no. È solo la punta di un iceberg. Nessuno ha notato, il giorno prima, sugli stessi quotidiani del gruppo, ma anche su Panorama.it e Liberoquotidiano il trattamento vergognoso riservato a Rossella Fiamingo’, la “sexy stella della scherma” (www.quotidiano.net), “argento a Rio e oro in bikini: le foto da urlo, lato B disegnato col compasso” (Liberoquotidiano), con carrellata di foto della campionessa in bikini con bella mostra di seno e sedere. È disgustoso. Donne che faticano e, per anni, ogni giorno, lavorano sodo per fare gioire tutta l’Italia con i propri successi, ridotte a oggetti di ludibrio maschile, valutate per le loro misure, i loro corpi, il loro look. Vale per tutte le donne di successo, politiche incluse, ma per le atlete c’è un di più. La discriminazione che vivono nella vita professionale (non possono, per una legge anacronistica, che a gran voce si chiede di cambiare, essere “professioniste”, ma restano sempre delle “dilettanti” anche se con la medaglia d’oro al collo), è rincarata dalla stampa sportiva che per lo più le ignora o le descrive con stereotipi sulla bellezza anziché valutarle per la bravura. Potrebbe mai succedere a un atleta, un campione? Vi viene in mente qualche esempio? No. È un trattamento riservato solo alle donne. Contro queste discriminazioni insopportabili, le atlete hanno creato Assist, l”Associazione Nazionale Atlete. Le loro battaglie e denunce vanno riprese e rilanciate dall’informazione. Nelle redazioni la musica deve cambiare, serve una forte presa di consapevolezza di quanto dannosi siano gli stereotipi sessuali, veicolo di discriminazioni alle donne nella società’. Guai a minimizzare, come leggiamo in queste ore sui social da parte di colleghi e persino dirigenti dell’Ordine dei Giornalisti. È sacrosanto indignarsi, accendere i riflettori tutte le volte che questi episodi accadono, e bisogna investire in formazione affinché  i giornalisti, e le giornaliste, siano sempre più’ consapevoli che “le parole sono azioni”, come ci ha insegnato Alma Sabbadini. L’informazione ha l’obbligo di veicolare rispetto per la dignità delle donne.
*Presidente Cpo Fnsi


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