Erdogan sta creando la sua fine

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Non ci vuole un esperto per capire che il dittatore turco sta collezionando troppi nemici, per durare. Nemici interni, come militari umiliati, stampa imbavagliata, giudici rimossi, schiere di dipendenti statali licenziati e ridotti alla vergogna e alla miseria. Non si tratta di frange isolate, ma di quasi 40 mila persone ancora influenti e tutt’altro che rassegnate, una parte importante della borghesia urbana, che non rimarrà a lungo disorganizzata.
Poi ci sono i nemici esterni. Uno è l’Unione Europea, che si sente sotto ricatto per le continue minacce di vedersi arrivare i profughi che ha venduto ai turchi, pagandoli profumatamente con un vergognoso patto. Che non può perdere di nuovo la faccia per la propria ipocrisia, accettando la pretesa di Erdogan di rimuovere senza condizioni l’obbligo di visto per i turchi diretti nell’UE.
Ma il nemico più pericoloso per l’uomo forte di Ankara sono gli Usa. Sotto pressione della richiesta stringente da parte dei turchi per ottenere l’estradizione di Fethullah Gulen e l’assoluta necessità di continuare a disporre della base Nato di Incirlik in Anatolia, essenziale per i raid aerei contro l’Is. A complicare ancor più le cose c’è il riavvicinamento di Erdogan con la Russia,  visto dagli americani come la minaccia di perdere il loro storico avamposto in un’area geopolitica strategica. Anche per contenere le mire sovietiche, ora che venti di guerra soffiano di nuovo in Ucraina, con un Putin non ancora sazio della annessione della Crimea, ottenuta con la forza.
In troppi sarebbero contenti se il dittatore turco venisse disarcionato. La megalomania di Erdogan sarà il complice occulto dei suoi nemici. E dal punto più alto della sua ascesa, già si vede la fine della sua parabola.

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