Il momento per una legge sulla libertà religiosa

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Ha ragione Alberto Melloni quando sulla Repubblica del 23 marzo 2016 indica come “antidoto della paura” il sapere: «un sapere incarnato negli insegnanti e nella scuola […]. Se uscissimo dalla paura ci si renderebbe conto che questo è il momento di pensare una politica del pluralismo religioso e di fare una legge sulla libertà religiosa che l’Italia non ha». Perché questo è il dato di fatto: in Italia le religioni non godono degli stessi diritti (e quindi degli stessi doveri).
La chiesa cattolica romana è forte del Concordato (risalente al 1929); 11 confessioni religiose dispongono di un’intesa con lo Stato, tutte le altre sono regolate con norme obsolete e carenti dalla vecchia legge del 1929-30, “dei culti ammessi”, che determinano un’ulteriore gerarchizzazione dei diritti.
Cosa significa? Che, per esempio, non è permesso «far entrare qualcuno in prigione per guidare la preghiera del venerdì», ricorda Melloni nell’articolo, e «tutti sanno – per esempio – che il carcere è un luogo di indottrinamento e di reclutamento del terrorismo».  Da anni ci si aspetta finalmente una legge quadro, una “legge sulla libertà religiosa” che regolamenti i diritti e i doveri di tutti, e che faccia uscire dal “sommerso spirituale” italiano alla luce del riconoscimento pieno tutti i soggetti religiosi.
Questo è il momento favorevole, proprio perché il più pericoloso. Le paure rischiano di far retrocedere l’Europa di secoli, proprio quell’Europa che uscì dalle guerre di religione «attraverso un percorso storico-teologico di cui ammiriamo oggi i risultati» dice Melloni. Non è ammissibile prestare il fianco a facili reazioni emotive, che si traducono in rigurgiti xenofobi, razzisti, antisemiti e islamofobici. Su questo l’Europa deve resistere.
E l’Italia può fare la sua parte, innanzitutto dando dignità alla pluralità, riconoscendo i soggetti che convivono e costruiscono oggi il Paese. Lo squilibrio dei diritti, e dunque dei doveri, non può che essere oggi un ostacolo a questa crescita. Solo nella riconoscibilità i luoghi di culto, tutti, possono esistere in armonia, e contribuire a tutta la vita sociale.
Se si lasciano ancora spazi alla non chiarezza, assisteremo sempre più a episodi non solo eticamente dubbi, ma anche esplicitamente contrari ai nostri fondamenti costituzionali. Per esempio il 24 febbraio scorso la Corte costituzionale ha infatti dichiarato incostituzionale la legge per i luoghi di culto, la n. 62, del Consiglio regionale della Lombardia. In essa si prevedono restrittive norme edilizie e paesaggistiche per ogni nuovo luogo di culto; norme che di fatto rendono difficile la costruzione di chiese, moschee o altro, e che, a detta della Consulta, ledono la libertà di culto e invadono competenze riconosciute solo allo Stato nei rapporti con le confessioni religiose. Insomma si passa per l’edilizia con l’obiettivo di impedire, o contenere il più possibile, nuove moschee e nuove chiese. Nonostante l’esito in Corte costituzionale, la Regione Veneto ha varato nel frattempo (12 gennaio) il progetto di legge regionale n. 41, col quale si ripropongono limiti urbanistici per l’edilizia di culto, ponendo a carico delle confessioni richiedenti gli oneri per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria (strade, parcheggi, illuminazione, fognature, ecc.),  e la previsione di distanze “di sicurezza” tra luoghi di culto di diverse confessioni, da costruirsi ai confini degli spazi abitati. Questo a riprova di una legge; chiara, condivisa, aggiornata.
Ora è il momento: il nuovo clima ecumenico, fatto di ascolto reciproco e prassi condivisa (come ad esempio ne sono dimostrazione i “corridoi umanitari” per i profughi, organizzati dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla Tavola valdese) è da questo punto di vista un valore aggiunto, che può contribuire affinché su questo tema l’Italia abbia il coraggio di comprendere che è di politica che c’è bisogno.
Di una politica che sappia legiferare per migliorare la vita dei propri cittadini, affinché il sapere che ne conseguirebbe (scuola, istruzione, formazione – vedi Melloni) vada a costruire un’Italia, e un’Europa, che guardi al futuro forte della parte migliore del suo passato.
*direttore Confronti

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