E’ etico pagare qualcuno per rilasciare un’intervista in tv?

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Federica Sciarelli, conduttrice di Chi l’ha visto? ha parlato nell’ultima puntata delle interviste pagate ai familiari del piccolo Loris Stival, trovato morto nel novembre 2014 e per il cui decesso è indagata la madre, Veronica Panarello. “Quando si paga la testimonianza è falsata” ha detto la Sciarelli, una delle poche giornaliste a sollevare la questione morale che sta dietro la vicenda.

Nella bufera è finita ancora una volta Barbara D’Urso precedentemente denunciata dal presidente dell’Ordine dei giornalisti Iacopino per esercizio abusivo della professione. Il nome della D’Urso non è l’unico a comparire ma è sicuramente il più roboante: grazie alla pubblicazione delle intercettazioni depositate dalla procura di Ragusa, si legge che in data 26 gennaio 2015, al telefono “la D’Urso insiste  [con la madre e la sorella di Veronica Panarello, ndr] sul fatto che in questo momento devono rimanere sul pezzo perché altrimenti l’opinione pubblica si convince sempre più che Veronica è colpevole”. La sottolineatura è degli inquirenti e anche la spiegazione del perché questo fatto sia quantomeno criticabile: “Le due donne, […] mutando totalmente il contenuto delle loro dichiarazioni rese innanzi agli organi inquirenti, in presenza delle  telecamere,  fanno  dichiarazioni  totalmente contrastanti rispetto a quanto riferito [negli Uffici di Polizia]. Appare evidente che, anche su sollecitazione dei giornalisti di turno, l’obiettivo era quello di  convincere l’opinione pubblica dell’innocenza della congiunta senza alcun fondamento di verità o utile spunto per un approfondimento investigativo”.

È possibile pagare 500, 2.000, 3.000, 3.500 euro per ottenere delle interviste il cui effetto è diffondere dichiarazioni per “convincere l’opinione pubblica” pur “senza alcun fondamento di verità”? È possibile accettare che alcune trasmissioni, in questo caso Mediaset, abbiano pagato “uno stipendio a pezzi a pezzi” e offrire “favorini” in cambio di un’intervista?

Non si corre il rischio concreto di fare informazione in maniera distorta fino a falsarla? E questo a maggior ragione durante delle indagini. Perché una conduttrice “quasi per partito preso” dovrebbe convincere “a suffragare la tesi innocentista” chi ha precedentemente dichiarato il contrario? Per creare un conflitto tra il freddo andamento delle indagini e il calore dei familiari? Per nutrire gli spettatori di tale conflitto e farli rimanere attaccati allo schermo? Forse, peccato però che sia tutto falso o tendente a.

Il pagamento dei familiari del piccolo Loris per comparire in televisione distrugge ciò che è alla base del giornalismo: il rapporto di fiducia tra chi intervista e chi viene intervistato nonché quello con gli spettatori. Il compenso in moneta si sostituisce ad esso e lo deteriora. Nelle intercettazioni infatti compare una vera e propria trattativa sulle modalità di pagamento, paragoni tra quel programma che ha offerto di più, quello che ha offerto di meno. Ma non c’è traccia del piccolo Loris.

Altra rottura che si viene inevitabilmente a creare è con il Codice deontologico cioè con quell’insieme di regole che derivano non da aride istruzioni ma da determinati valori. A livello etico e morale, pagare qualcuno per rilasciare un’intervista è pensabile? Se siamo arrivati al punto in cui è necessario chiederlo, siamo arrivati anche al punto in cui indignarsi non basta ma è altrettanto necessario reagire.


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