Come scrivono gli adolescenti

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A marzo di quest’anno la Società Editrice Il mulino pubblica Come scrivono gli adolescenti di Pietro Boscolo e Elvira Zuin, con prefazione di Italo Fiorin. Un testo che racchiude e al contempo delucida la ricerca Scritture di scuola, «realizzata da IPRASE con la supervisione scientifica del professor Pietro Boscolo» e indirizzata sia agli studenti sia agli insegnanti.
L’indagine svolta da Boscolo e Zuin si è concentrata su 39 istituti del Trentino e ha coinvolto 1500 studenti di 15 anni e 450 insegnanti di italiano, ma nel testo si può leggere anche un’approfondita cronistoria e analisi delle varie ricerche in materia eseguite in Italia e all’estero negli ultimi cinquanta anni.
«Le comparazioni consentite dalle indagini mettono in evidenza come il sistema di istruzione del nostro Paese non solo non sia omogeneo, ma presenti delle differenze al suo interno che non è eccessivo definire scandalose e che non dovrebbero essere più tollerate», sottolinea Italo Fiorin nella prefazione, rimarcando la distanza che separa il nostro sistema scolastico d’istruzione da quello finlandese, quest’ultimo da sempre ai primi posti nelle classifiche internazionali: «la risposta è nel suo eccellente sistema di selezione degli insegnanti, nella qualità della loro formazione, nello spirito di innovazione sostenuto dalla ricerca».
“Eccellente sistema di selezione degli insegnanti, qualità della loro formazione, spirito di innovazione sostenuto dalla ricerca”: non stupisce la distanza abissale che separa la scuola italiana da quella finlandese. Ancora nell’indagine svolta da Boscolo e Zuin a essere messi al microscopio sono i ragazzi, giovanissimi, del primo e secondo anno del 2° ciclo d’istruzione, ‘invitati’ a svolgere una prova scritta e a rispondere a un questionario.
L’intento dichiarato dagli autori è quello di voler coinvolgere sia gli alunni che gli insegnanti, ma per quest’ultimi è stato previsto il solo questionario.
Appare utile monitorare la preparazione degli alunni del nostro sistema d’istruzione pubblico ma, soprattutto ove ciò evidenzi lacune e mancanze protratte, non sarebbe il caso di cominciare a ‘testare’ anche la preparazione di chi ha il compito di formare e istruire?
Il 59% dei docenti coinvolti nella ricerca Scritture di scuola ha dichiarato di essersi auto-formato sulla scrittura e sulla didattica della scrittura. Se ne deduce quindi che pur essendo l’80% convinto dell’importanza dello «insegnare a scrivere» si presume che le tecniche apprese per farlo siano eterogenee e tali di conseguenza saranno i metodi applicati. Inoltre il 36% degli insegnanti ha dichiarato di aver appreso le tecniche con «esperienze dello scrivere» al di fuori della scuola. Chi ha valutato questi metodi?
Il libro Come scrivono gli adolescenti di Boscolo e Zuin si suddivide in quattro parti; nella prima si leggono due saggi introduttivi sulle ricerche in ambito internazionale e nazionale sulla scrittura seguiti dalla presentazione di Scritture a scuola e degli strumenti utilizzati, la seconda parte è dedicata agli esiti della “sezione insegnante” mentre la terza all’analisi dei risultati degli elaborati prodotti dagli alunni. Chiudono il testo le considerazioni conclusive.
Per Fiorin il quadro generale del sistema nazionale italiano di formazione e ricerca non brilla certo per eccellenza ma «il Trentino è un’eccezione, molto più vicino al modello finlandese in tanti suoi tratti».
A dirlo non è solo lui ma i risultati dell’indagine OCSE-PISA che hanno evidenziato la competitività della scuola trentina non solo rispetto al resto dell’Italia ma a livello internazionale.
Ed è alla luce di questi dati che gli esiti della ricerca Scritture a scuola divengono più allarmanti.
Al di là dei vari errori di punteggiatura e ortografia riscontrati negli elaborati, incuriosiscono e stupiscono quelli rilevati e inseriti nelle categorie concordanze e lessico e singoli termini usati impropriamente.
Gli errori di concordanze raggiungono una percentuale del 20,48% mentre quelli sul lessico superano la metà (54,10%). E per quanto riguarda la seconda categoria ci è parso più eloquente riportare alcuni esempi di errori riscontrati: «La terra è in fase di aumento della temperatura sia per cause naturali, sia per la manodopera dell’uomo; Gli osservatori climatici hanno approvato che l’anno 2007 è stato l’anno più caldo registrato dal 1860; Inoltre nel 2007 è stato scritto un documento che parla degli adattamenti da prendere nei confronti dei cambiamenti climatici; La terra infatti sta attraversando una fase di alzamento della temperatura».
Rappresentano una piccola parte ma questi errori lasciano comunque basiti trattandosi, tra l’altro, di termini di uso comune riferiti ad argomenti di stretta attualità.
Boscolo e Zuin affermano che «i primi anni della scuola secondaria di secondo grado rappresentano un momento importante nello sviluppo delle abilità di lettura e scrittura», tuttavia nel nostro sistema d’istruzione finisce che la lettura assume una funzione prevalentemente “efferente”, volta a ricavare informazioni e concetti, mentre la scrittura viene considerata una “materia” a sé stante, formalmente inserita nella materia “Italiano”. Eppure pressoché all’unisono gli insegnanti coinvolti hanno dichiarato che lettura e scrittura sono propedeutiche e che per imparare a scrivere il primo esercizio da fare è leggere. Posizione tra l’altro che non sembra errato presumere essere largamente condivisa anche fuori la scuola.
Allora perché nel nostro sistema di istruzione la lettura continua a essere considerata un esercizio finalizzato all’apprendimento e spesso alla memorizzazione delle nozioni orali?
Stando all’ufficio studi AIE che si basa su dati ISTAT nel 2014 il 51,1% dei ragazzi tra i 15 e i 17 anni ha letto «almeno un libro non scolastico nei 12 mesi precedenti». Se consideriamo che la media italiana si aggira sul 41,4% si può affermare che la lettura piace a molti ragazzi di quella fascia di età. Lettura di testi non scolastici però. Inoltre osservando i siti di scrittura e/o di fanfiction si può notare quanto piaccia ai giovani scrivere oltre che leggere.
Perché allora nel test effettuato dagli autori si è notata una certa ‘resistenza’ da parte dei ragazzi evidente ancor di più nelle risposte frettolose e abbozzate del questionario? Potrebbe essere riconducibile al fatto, come ipotizzato dagli stessi Boscolo e Zuin, che gli alunni hanno visto nell’elaborato e nel questionario l’ennesima prova valutativa, oppure il discorso va fatto in maniera più ampia. Quali sono gli argomenti di cui piace leggere e scrivere ai ragazzi di quindici anni? Perché gli adolescenti che sentono il perenne bisogno di comunicare tra di loro, chattare, messaggiare, scambiare opinioni e segreti nella scuola si chiudono a riccio e fingono di non interessassi a nulla?
In base a quanto si legge nella prima Raccomandazione dell’UE, riferita alla comunicazione nella madrelingua, gli studenti, al termine dell’obbligo scolastico, devono aver acquisito la «capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale che scritta, […] l’abilità di distinguere e di utilizzare diversi tipi di testi, di cercare, raccogliere ed elaborare informazioni». In buona sostanza, qualora decidano di non proseguire gli studi al termine dei cicli obbligatori, devono essere dei cittadini pronti a vivere in società. I quindici-sedicenni italiani lo sono? Stando ai risultati della ricerca condotta da IPRASE in Trentino no.
L’82% dei docenti coinvolti in Scritture a scuola esprime la convinzione che «sia non solo utile ma doveroso promuovere una partecipazione intenzionale e consapevole da parte degli studenti al processo di apprendimento della scrittura». Prospettiva condivisibile ma ancora limitata nel concreto alle attività scolastiche straordinarie che in genere vengono strutturate come ‘lavori di gruppo’ e che quindi proprio nella loro organizzazione strutturale potrebbero trovare le motivazioni che ne vanificano gli effetti. Un dato molto interessante della ricerca infatti dimostra come «lo scrivere in gruppo, collettivamente, sia in realtà apprezzato solo da una minoranza degli studenti e delle studentesse».
Boscolo e Zuin hanno notato «uno scarto tra ciò che gli insegnanti scelgono di realizzare, che di norma è coerente con ciò che pensano, e ciò che ritengono sia veramente funzionale all’insegnamento della scrittura». Incongruenze, distanze tra la convinzione e l’efficacia dell’attività, «con la convinzione che permane nonostante l’attività che ne deriva non sia ritenuta efficace».
Albert Einstein sosteneva che è «follia fare sempre la stessa cosa e aspettarsi un risultato diverso», ma gli insegnanti del Trentino coinvolti nella ricerca di Boscolo e Zuin non sono il fisico e filosofo tedesco e preferiscono a quanto pare seguire una differente filosofia.
I docenti lamentano scarsità di tempo, frammentarietà, disfunzionalità dei dipartimenti disciplinari, «spesso impegnati in adempimenti burocratici anziché in attività di studio e ricerca comune», frattura tra il 1° e il 2° ciclo d’istruzione, nonché la «difficoltà a collaborare con i colleghi». Ma per Boscolo e Zuin «il fattore veramente decisivo rimane la formazione iniziale e in servizio».
Uno dei tre obiettivi che gli autori si erano prefissati con la ricerca Scritture a scuola era quello di aprire un dibattito intorno al tema trattato, soprattutto interno al sistema d’istruzione scolastico. È certamente auspicabile un confronto che preveda la partecipazione attiva di tutti gli attori: dirigenti, docenti, alunni, genitori.
Uno scopo non previsto invece della ricerca e che ha meravigliato gli stessi autori è stato il «contribuire all’elaborazione di indicazioni, esempi, strumenti didattici e valutativi», a cui fanno accenno Boscolo e Zuin nella parte conclusiva di Come scrivono gli adolescenti


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