Iran: lavorare al nucleare senza poterlo raccontare liberamente

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Sono trascorsi esattamente 60 anni da quando, a poco meno di un mese dalle esplosioni di Nagasaki e Hiroshima, ad Alamogordo, nel New Mexico, gli Stati Uniti mettevano a punto il primo test nucleare di un progetto iniziato con lo scoppio del secondo conflitto mondiale. Da allora, il tema del nucleare e la sua conseguente applicazione militare hanno rappresentato il segno distintivo della moderna minaccia bellica.

In questo  senso, il recente raggiungimento di un accordo tra Iran e Stati Uniti è da considerarsi come un traguardo storico. Per la prima volta la comunità internazionale è stata capace di limitare un programma di sviluppo nucleare che dagli anni duemila manteneva (e mantiene) in continua tensione l’asse Israele-Iran. L’accordo pone le basi per un sistema di pesi e contrappesi che dovrebbe garantire un inedito equilibrio nello scenario medio-orientale: i vincoli di controllo imporranno infatti al paese di Hassan Rouhani (nella foto) un’inevitabile riduzione nell’utilizzo dell’uranio impoverito; dall’altro lato, la fine delle sanzioni consentirà al paese di iniziare un dialogo con l’Occidente ed aprire i propri mercati verso orizzonti sinora inesplorati.

Al di là dei vantaggi/svantaggi derivati da valutazioni soggettive, per Hassan Rouhani sarà la prima occasione di dar prova tangibile dell’orientamento moderato e riformista di cui non ha mai abbandonato i valori. Un buon punto di partenza potrebbe essere la riforma del codice penale entrato in vigore il 22 giugno di quest’anno. Ai sensi del codice, spicca l’iniquità del “trattamento d’eccezione” riservato ai reati di coscienza. Nella fattispecie, è di assoluta gravità il vincolo per giornalisti e bloggers di dover scegliere il proprio avvocato difensore all’interno di una lista approvata dalle autorità giudiziarie. Come se non bastasse, in un paese in cui la libertà d’espressione è distante anni luce da qualsiasi standard di accettabilità (l’Iran occupa la 173° posizione su 180 nel Press Freedom Index di RSF), gli stessi avvocati sono spesso oggetto di processi sommari e incarcerazioni ingiustificate.

È proprio in quest’ottica che l’avvicinamento al mondo occidentale deve rappresentare un momento di confronto e soprattutto d’ispirazione. All’alba di una potenziale stagione di riforme, è tempo per Hassan Rouhani e l’Ayatollah Alì Khamenei di limare le spigolose divergenze per guidare il paese alla scoperta dei principi fondanti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.


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