Brianza, terra di ‘ndrangheta. La sfida di Salvatore Bellomo

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Perchè #malabrianza, viaggio nella Brianza della ‘ndrangheta   

Parte da Meda il nostro viaggio. Parte tra via Francia e via Cialdini. Tra la casa di Paolo e la sua scuola, il liceo scientifico Marie Curie. Ripercorriamo quei pochi metri di strada. Quei pochi minuti a piedi che Paolo faceva tutte le mattine. Ci lasciamo trasportare dall’immaginazione. Cerchiamo di ricostruire quello che è accaduto la mattina del 9 novembre del 1978. Quello che alcuni passeggeri  di un convoglio delle ferrovie nord della linea Milano-Meda hanno potuto vedere dai finestrini. Attimi. Secondi. Sta camminando Paolo. Una 128 verde si ferma a pochi metri. Scendono tre uomini. Lo afferrarono con forza. Paolo capisce. Scappa. Corre più forte che può. Ma la paura e la fretta lo tradiscono. Cade. Inciampa. È una preda facile, ora. Paolo viene trascinato in macchina e portato via. Lontano. Il suo corpo, bruciato e carbonizzato, è stato trovato nel bagagliaio di un auto a Cesate due giorni dopo.

Parte da Meda il nostro viaggio. E parte dalla storia di Paolo Giorgetti, figlio di uno dei più noti industriali della Brianza. Rapito dalla mafia quando aveva appena sedici anni. Oggi Paolo non viene ricordato. Oggi gli studenti del suo liceo non sanno chi sia. Lo ricordiamo noi allora e così facendo smentiamo fin da subito uno dei luoghi comuni più diffusi qui in Brianza: quello che afferma che la mafia al sud e la mafia al  nord agisce diversamente. La prima uccide, la seconda no. Detto fatto. Il sequestro di Paolo fu il terzo, in ordine di tempo, in Brianza. Il primo ad essere rapito fu Fazio Longhi, anche lui liceale. Anche lui colpevole solo di appartenere ad una famiglia proprietaria di un’azienda importante sul territorio. Sessantacinque giorni di prigionia. La famiglia pagò il riscatto e lui venne liberato. Tornato a scuola, la prima cosa che disse ai propri compagni fu non chiedetemi niente. Così faceva i soldi la mafia. Con il riscatto dei sequestri di persona si alimentava. Non ebbero pietà, però, per Paolo Giorgetti. I suoi sequestratori non chiesero il riscatto ma lo rapirono e lo uccisero. Di quei due giorni non si sa altro.

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Da isiciliani.it


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